sabato 27 aprile 2024

 NON SOLO IN PIAZZA MA ANCHE ALLE URNE

Ieri era 25 aprile e gli italiani erano lì, sventolando bandierine e con i lucciconi agli occhi cantando “Bella Ciao”.

Poi, quando si tratta di andare a votare, molti diventano snob, e che ci vado a fare, e non mi rappresentano e sono tutti uguali e non ci sono più i politici di una volta. Certo, se non si vota, di politici (nuovi o di “una volta”) ce ne saranno sempre meno, anzi, poi non ce ne saranno proprio più, come le razze estinte, tanto a che servono?

La libertà non si difende solo con i cortei, ma specialmente esercitando i propri diritti costituzionali, tra i quali il diritto a eleggere e essere eletti è forse il più importante.

L’assenteismo alle urne è uno schiaffo in faccia a tutti quelli che si sono impegnati in prima persona prima e dopo l’8 settembre per un paese democratico, e ci hanno rimesso la vita, e quanti ragazzi e ragazze c’erano tra quelle file.

da “La Repubblica” del 26 aprile

 LA PRIMA LINEA RUSSA E’ NELLA GUERRA ALLE DONNE

Non è per uno scherzo del destino che Mosca è diventata nell’ultimo ventennio il faro mondiale di ogni sovranismo, dopo essere stata per gran parte del Novecento la capitale globale del comunismo.

La ragione di fondo è nell’aspirazione del regime di Putin a difendere «i valori tradizionali», contro quella che considera la «degenerazione morale dell’Occidente».

Un’aspirazione condivisa da sovranismi collocati alle più diverse latitudini, da Bolsonaro a Orbán passando per Trump e Le Pen, che da anni hanno ormai affidato al Cremlino la bandiera della verità nella guerra di culture che ha sostituito la lotta di classe sovrapponendosi e confondendo i confini tra Oriente e Occidente.

E se nel febbraio 2022 l’aggressione russa all’Ucraina aveva reso d’improvviso più difficile parteggiare apertamente per le ragioni della superpotenza nucleare che calpesta l’indipendenza di una nazione e ne massacra gli abitanti, oggi l’imbarazzo dei putiniani di ogni Paese è scomparso: dalla destra statunitense ai rossobruni tedeschi o italiani torna a farsi sentire il tifo per un regime che ha messo nel mirino, non solo metaforicamente, chi sceglie di vivere liberamente la propria sessualità o chi difende i diritti di ogni minoranza.

Marta Allevato, per circa un decennio corrispondente da Mosca e oggi specialista di politica russa e internazionale per l’Agi, ha dedicato un libro brillante alla «crociata del Cremlino per i valori tradizionali» (La Russia moralizzatrice, Piemme).

Tra la storia recente e gli incontri con protagonisti celebri o poco conosciuti di tante battaglie di impegno civile, l’autrice racconta i vari fronti della campagna putiniana per la dittatura del tradizionalismo.

Una campagna che ha permesso al regime di sopravvivere alla crisi di consensi del 2011-2012, rilanciandosi nella lotta contro liberalismo, secolarismo, pacifismo e omosessualità: i cavalli di Troia della “degenerazione morale” con cui l’Europa e l’Occidente vorrebbero contaminare il mondo russo.

In particolare Marta Allevato si sofferma su un aspetto assai poco noto della crociata putiniana: la persecuzione del femminismo («fenomeno molto pericoloso - nelle parole del patriarca Kirill - perché qualsiasi intrusione dall’esterno nelle questioni familiari comporta gravi conseguenze negative») e di chiunque si batta per la tutela delle donne dalla violenza domestica e sessuale.

Ne esce la fotografia di un Paese nel quale, sullo sfondo di una disparità sostanziale tra uomini e donne con differenze di reddito che sfiorano il 40 per cento, non solo sono stati bocciati tutti i tentativi di varare una legge sull’eguaglianza di genere ma negli ultimi anni si è apertamente discusso di limitare l’interruzione volontaria di gravidanza qualora non vi sia il consenso del padre o si è introdotto (come nella repubblica autonoma di Mordovia) il reato di «induzione all’aborto» per chiunque spinga una donna a ricorrervi.

Lo stesso è accaduto per le violenze domestiche: nel gennaio 2017 la Duma - ricorda l’autrice - ha depenalizzato «le percosse domestiche “non gravi”, se compiute per la prima volta e senza danni significativi.

Da due anni di carcere si è passati a quindici giorni di detenzione o a una multa, se la violenza non si verifica più di una volta l’anno». E nella discussione parlamentare si è difesa la misura «con la necessità di garantire il diritto alla sculacciata, come strumento educativo per i bambini».

Ma se il putinismo utilizza l’idea sovranista di famiglia come trincea di regressione civile, è proprio la famiglia ad essere evocata come strumento di resistenza al regime da quei piccoli, sparuti e coraggiosi nuclei di opposizione civile che nella stessa Russia si battono contro l’aggressione all’Ucraina.

Marta Allevato ne cita uno significativo: il gruppo “Resistenza femminista”, che ha riunito una quarantina di associazioni di attiviste e che nel 2023 ha ricevuto il Premio Aquisgrana per la Pace.

«Violenza domestica contro donne, bambini e anziani - questo il loro messaggio di ringraziamento - è la violenza che lo Stato russo incoraggia e alimenta e che è uscita dalle nostre case e ha superato i confini nazionali.

La guerra inizia in casa e deve finire in casa».

Piccoli segnali di luce e di speranza, nel buio fitto della Russia di oggi.

Andrea Romano (da “La Repubblica”, 26 aprile 2024)

DOMANI EUCARESTIA ON LINE DELLA NOSTRA COMUNITA’

Care amiche e amici della Comunità,

domani ci riuniremo per la celebrazione eucaristica alle 9:45. La celebrazione inizierà alle ore 10 come sempre.

Il link per collegarsi è: meet.google.com/vpu-vkkh-wf

Il canone di questa settimana è stato realizzato a partire da alcune riflessioni di Luigino.

A domani allora! Ciao!

Sergio

DIO CHE SPRIGIONA DALL’UMANO

P. Saluto all’assemblea

G. Siamo qui con la voglia di camminare ancora insieme. I nostri percorsi sono molto diversi e manifestano la ricchezza multicolore della realtà, del mondo. Siamo diversi ma amiamo incontrarci di nuovo per raccontarci, liberi di scegliere di cambiare ancora, per pregare insieme e per fare memoria dell’insegnamento di Gesù. La nostra realizzazione passa attraverso l’amare la vita pienamente, essere capaci di

donare reciprocamente qualcosa di noi, manifestare quel riflesso di Dio che è dentro di noi e farlo entrare nel mondo.

 

Momento di silenzio

 

Letture bibliche

 

Marco 1, 12-13

E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

 

Luca 4, 13

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

Matteo 4, 17

Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.

 

Marco 14, 35- 36

Pregava se fosse possibile passare via da lui quell’ora e diceva: “Abba! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”.

 

Luca 22, 42-44

Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra.

 

ESSERE UMANI PER DIVENTARE DIVINI (riflessione di Luigino)

Ho scelto questi versetti perché sono quelli che, uscendo dai Vangeli, per me, manifestano e simboleggiano maggiormente l’umanità di Gesù in due momenti della sua vita, cruciali e difficili, tali da mettere in ombra, se non dimenticare, la sua divinità ereditata come persona, a immagine e somiglianza di Dio.

Due momenti: uno all’inizio della sua predicazione con il battesimo e l’andata nel deserto, l’altro alla fine della sua vita, nell’oscura notte del Getsemani dove Dio è assente. Entrambi ci presentano un Gesù uomo con tutte le sue fragilità umane, ma con la sua potenzialità divina, non “come voglio io”. E’ un io che si dona e non che subisce, perché poteva rifiutarsi; lo si capisce dalla richiesta, non voleva morire, quindi una scelta consapevole e nemmeno di ubbidienza, ma un darsi all’altro, al Padre. Trovo significativo come Gesù inizia la sua attività decidendo di essere un predicatore itinerante del regno dei cieli, e come la sua vita viene fatta concludere su una croce, non per sacrificio, ma per libera scelta donata come testimonianza. In questi due momenti non mi sembra di vedere in Gesù, nulla che mostri il Dio incarnato, piuttosto l’uomo che rivela il Dio che lo abita dal quale trae la forza per andare oltre le tentazioni, oltre la morte; l’uomo che ha fede in un Dio che, nonostante le apparenze, non abbandona, per cui non resta che accettare

consapevolmente il proprio destino e consegnarsi con fiducia a Dio. Il figlio dell’uomo Gesù, rivelando il Dio che lo abita, in cui crede, si mostra resiliente alle avversità, superando le tentazioni e di andare oltre la sua morte. Non per nulla dopo il battesimo, troviamo Gesù nel deserto. Il battesimo è la scelta di vita, il deserto è l’avvio della sua scelta, l’inizio della sua missione. Nel deserto Gesù è solo con se stesso con le bestie che sono lì, lì per sbranarlo, con gli angeli per servirlo, cioè quella forza, quell’energia della vita che pulsa in lui e che tanto ama. In Gesù vi è la chiamata dello Spirito che lo porta alla sua conversione, predicare e far conoscere il desiderio del padre suo, la conoscenza del regno dei cieli. Dall’esperienza del deserto forse aveva capito che non è la forza della spada a rendere l’uomo libero.

Ma che cosa rappresenta il deserto? Luogo di solitudine dove riflettere, dove decidere sul da farsi, dove si può morire di stenti. Per Gesù è il luogo della sfida con se stesso e con il potere. Gesù si interroga sulla sua missione. Il deserto per Gesù è il luogo del digiuno, cerca di digiunare dalle lusinghe, dalle opportunità offerte dall’esercizio del potere egemone: politico, militare, finanziario e religioso. Ancora, è il luogo della riflessione, del suo combattimento interiore. Gesù è in compagnia delle bestie feroci, cioè la sua coscienza travagliata: i suoi tormenti, le sue esitazioni, le sue incertezze, le sue paure, le decisioni da prendere. Si sente addosso una grande responsabilità, che non è più di Dio, ma sua. Un deserto durato quaranta giorni, un tempo lungo per decidere e non facile. Per vivere nel deserto se vuoi vivere, devi trovare l’acqua, devi scavare in profondità la sabbia, che muta le fisionomie delle dune al soffiare del vento, il mulinare dei pensieri in Gesù. Scavare è quello che Gesù ha fatto in se stesso, in balia delle tentazioni, ha scavato dentro se stesso per trovare l’acqua della vita che gli ha permesso di uscire vivo dal deserto. A che cosa, lì, Gesù ha rinunciato, allontanando il tentatore, che sarebbe tornato poi, in un secondo momento, nel Getsemani? Gesù ha rinunciato al dominio del potere umano e alla sua gestione, per mostrare come potrebbe essere gestito nel vero servizio e

nella amministrazione dei beni. Con la sua testimonianza ha mostrato di amare la vita servendola, fino al punto di donarla per amore, perché l’umanità creda che all’uomo tutto è possibile, vivendo il Dio che lo abita, andando oltre il potere umano. L’esperienza di Gesù nel deserto insegna cercare Dio dentro se stessi e viverlo, perché fuori si vede solo l’immagine di Dio che portiamo dentro, la vera rappresentazione simbolica della nostra fede. Il Dio nel quale crediamo e ci fidiamo.

Tutto questo per me ce lo insegna l’umanità di Gesù, un Gesù che non scende più dalle stelle, ma che nasce dalle stalle per salire verso le stelle, un uomo che ha saputo trasformare, convertire la sua umanità, abitata dal divino per viverla in Dio, senza fine.

Non è tanto la conoscenza del Gesù storico, indagine molto importante, ma la storicità del suo messaggio, cavalcando i secoli, che per me, lo rende grande e unico per tutto il mondo, anche per quello di oggi. L’amore che Dio ha per tutta l’umanità, amore fatto conoscere da Gesù di Nazareth, e testimoniato da coloro che si lasciano amare da Dio, è un amore libero perché disinteressato e incondizionato, non dipende dalle azioni dell’uomo più o meno meritevoli, ed è un amore che libera, che se accolto è capace di rende nuove tutte le cose.

 

Interventi liberi

 

1 Sono nata diversa. Sono diversa perché seguo la mia libertà? Ma il mio amore non può essere sbagliato. Il colore che porto nel mondo non deve essere sprecato. Ho bisogno di compagni di cammino che mi insegnino ad amarmi come sono. Sogno di accompagnare anche io chi si sente perduto nel suo cammino.

2 Cammino invisibile in un mondo freddo  e inospitale. Non sono uguale a nessuno stereotipo di successo. Ma io non posso essere inutile. Anche io porto semi che possono fiorire. Ho bisogno di incontrare chi mi aiuti a regalarmi al mondo. Sogno di fare sbocciare altri semi dimenticati.

3 Ci svegliamo ogni giorno circondati dall’odio e dalla violenza. Navighiamo in mari sconosciuti per trovare uno spazio di pace. Spesso temiamo che non esista un porto sicuro al quale attraccare. Ma non possiamo scomparire dal mondo. Anche noi portiamo lo stesso sogno di bellezza di chi ha paura di accoglierci. Abbiamo bisogno di persone libere che abbiano il coraggio di scegliere. Sogniamo di aprire le nostre porte ad altri viandanti impauriti.

 

Memoria della cena

T. O Dio, nella fiducia che vogliamo riporre in Te, oggi noi rinnoviamo il nostro impegno a camminare sulla strada di Gesù di Nazareth e ripetiamo il gesto che egli compì con i suoi amici e le sue amiche, prima di essere processato e poi crocifisso.

Egli prese nelle sue mani il pane della mensa e, dopo aver alzato gli occhi al cielo per benedire il Tuo nome dolce e santo, lo divise dicendo: “Prendete e mangiatene tutti. Questo pane che spezziamo e mangiamo, sotto lo sguardo di Dio, è il segno della mia vita, riassume il significato della mia esistenza. Se ogni giorno voi condividerete i doni che Dio vi ha fatto, davvero farete corpo con me, sarete il mio corpo, la mia vita

nel mondo”.

 

Preghiera di condivisione

 

Preghiere spontanee

 

Padre nostro

 

Benedizione

Forse non è un Dio triste che sacrifica un figlio per perdonare i peccati dell’umanità.

Forse c’è un uomo, un maestro di vita che ha scelto di avere fede in un sogno.

Forse non è necessario vincere. Forse bisogna coltivare una grande speranza.

Forse è bene saper spargere i semi su ogni suolo, con coraggio.

Forse è meglio così piuttosto che arrivare alla fine di un viaggio con la sacca piena di possibilità conservate per timidezza e mai usate.

Forse è bene aver fiducia che anche il seme finito su un sottile velo di suolo portato dal vento possa mettere radici, disgregare la roccia e continuare il percorso che fa di oceani monti e di vulcani campi fioriti.

Forse è la nostra curiosità instancabile che apre gli occhi di Dio sul mondo, e sono le nostre scelte libere che lo fanno camminare e crescere accanto a noi.

 

Per la Comunità Cristiana di Base Via città di Gap, Pinerolo

Luigino Zanotto e Sergio Speziale, 28 aprile, 2024

venerdì 26 aprile 2024

STELLANTIS SENZA FRENI

Le ore successive allo sciopero del settore automotive a Torino sono state sorprendenti: i media hanno annunciato l’aumento dei compensi che si sono riservati i vari dirigenti del gruppo Stellantis, in primis il Ceo Tavares. Al contempo è stato annunciato l’azzeramento del lavoro reale a Mirafiori, in virtù del contratto di solidarietà, anche per i 1.174 operai impiegati sul modello di punta dello stabilimento torinese: la Fiat 500 elettrica. E così Stellantis dopo aver collocato in solidarietà i dipendenti della linea Maserati fino a dicembre, ha replicato la misura. Si parla di riapertura a settembre. D’altronde a Mirafiori si produce un unico modello, la 500 elettrica: troppo cara per essere un’auto da 100.000 pezzi all’anno, probabilmente.

La tempistica dell’annuncio di Stellantis mette in evidenza il totale scollamento, il disinteresse, nonché la sicurezza con cui si muove la proprietà. Sono prassi ottocentesche, padronali. Il 70,2% degli azionisti di Stellantis ha approvato lo stipendio del Ceo Carlos Tavares nel 2023: ben 36,5 milioni di euro l’anno, in aumento del 56% rispetto al 2022. Una cifra pari all’incirca a 1.200 volte quello che percepisce un operaio di Stellantis. Certo, in confronto a un giocatore di calcio che corre dietro a un pallone pare un modesto impiegato: ma questo dà ancor più l’idea di un mondo malato.

Esiste un limite in questa sperequazione? Esiste un limite in sé in un mondo che ha deciso che il concetto di libertà non può avere alcun limite, soprattutto per quanto la distruzione dei diritti sociali? Quando si raggiungerà il rapporto 1 a 100.000 lavoratori continueremo a non parlare di ricchi e di poveri, di furto? Continueremo a parlare invece di “meritocrazia” in una società ormai divisa in caste?

È interessante il pensiero franco dello stesso Tavares, a cui è stato domandato perché la nuova Alfa Milano, poi ribattezzata in Junior, non sia fatta in Italia: «Se prodotta in Italia costerebbe 40.000 euro anziché 30.000» ha detto. Sottolineando che il margine di profitto della produzione in Polonia è buono. «Ma non è questa la questione», «impostazione ideologica»: già si sente la tiritera di chi difende a spada tratta questo meccanismo fondato sulla lotta di classe tra poveri.

Mi ha fatto molta impressione il giorno della marcia che ha attraversato Torino, sentire come richiesta principale da parte dei sindacati questa frase: «Meloni deve convocare Tavares». Cosa dovrebbe dire costei a Tavares è ignoto. Forse dovrebbe promettergli soldi, sempre lì siamo, affinché tenga qualche minima produzione a Mirafiori e in Italia? I famosi “incentivi”. L’idea in sé non è peregrina perché non sarebbe una novità: è sempre stato così in fondo. Ma qui davvero il problema è un altro: a Stellantis non importa nulla dei pochi spiccioli che può offrirgli lo Stato italiano strozzato dai debiti. I rapporti di forza oggi presenti nella società, e quindi la gravissima debolezza della stessa democrazia ormai privata di ogni forza riconducibile ai corpi intermedi, in primis partiti e sindacati, è di fronte a noi.

La presidente del Consiglio non convocherà Tavares perché sa che questo ricco amministratore delegato potrebbe ignorare tale “convocazione”, oppure rispondere con qualche umiliazione pubblica come accaduto per Torino e Mirafiori. Il capitalismo attuale si è mangiato tutto: rimane qualche forma esteriore buona a intrattenere il pubblico la sera, all’ora del Tg.

Maurizio Pagliassotti (dal sito di “Volere la luna”, 26/4/24)

L’ETICA DEL LAVORO OGGI

Di Calvino - Giovanni il riformatore ginevrino - in Italia si sa molto poco e in genere, nell’immaginario di chi sa collocarlo nel tempo e nella storia del cristianesimo, il suo pensiero si riconduce ad un tema specifico: un’etica puritana severa e rigorosa che si esprime, soprattutto nella dedizione del lavoro.

Molto di questa vulgata si deve alla mediazione di Max Weber, autore del fortunato saggio - forse più citato che letto – L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.

Ormai 120 anni fa quel volume diede forma sociologica al nesso tra un presupposto teologico - la grazia di Dio - e le sue conseguenze sul piano economico e sociale a iniziare dall’operosità di chi scopriva che la vita cristiana si poteva esprimere anche nella dimensione intramondana del lavoro e delle relazioni economiche. Schematizzando dall’oratorio al laboratorio.

Nonostante rivisitazioni e qualche revisionismo, questa tesi ha retto a lungo, almeno nella lunga fase del capitalismo produttivo, quello che, all’interno di sistemi di fabbrica, generava merci e strutturava le classi sociali.

In quel contesto, l’etica protestante si esprimeva in una particolare attitudine che, grazie a una forza morale interiore, attraverso il lavoro riusciva a migliorare gli individui e ad indurre un virtuoso processo di crescita economica dell’intera società.

Questa classica interpretazione di per sé corretta, sottovaluta però un elemento: quella “forza morale” che anima il calvinista operoso si esprime in un preciso concetto teologico la vocazione…

brano tratto da un articolo di Paolo Naso

(da “Riforma”, aprile 2024)

I DIRITTI SONO A RISCHIO. L’EUROPA TORNI AL CENTRO

Lavoro, ricerca e sanità pubblica. Manifesto liberale contro il governo.

La lettera di cento intellettuali, avvocati e imprenditori:

“E’ questa l’Italia che vogliamo?"

(da “La Stampa” 16 aprile 2024)

 IN CAMMINO SEMPRE

Dio ha risuscitato Gesù: annunciamo la lieta novella, sorelle e fratelli.

Gridiamolo con la nostra vita, con il nostro impegno quotidiano.

Gesù è vivo: fidiamoci di Dio.

Gesù ha vissuto le beatitudini perché si è fidato totalmente di Dio.

Le ha vissute nel quotidiano, ha fatto sua la vita dei piccoli e delle piccole.

O Dio, Sorgente di amore, aiutaci a metterci in cammino sui sentieri aperti dal profeta di Nazaret.

Tu puoi davvero cambiarci il cuore, gli orizzonti, la vita.

Un giorno vicino il cammino finirà.

E noi saremo con Te per sempre.

Franco Barbero (da “Preghiere d’ogni giorno”)

giovedì 25 aprile 2024

LA MIA PATRIA

La mia patria è una ferita aperta da mille anni, inchiostro caldo che scrive con dignità una bella e triste melodia.

Manda in estasi la coscienza ingannevole del mondo.

Fa cadere lacrime di coccodrillo.

La mia patria è un cavallo purosangue che ha dato un nuovo senso al significato della pazienza.

Cavalca con il vento su una strada impervia.

E non arriva … arriverà.

Resiste e sopporta gli schiamazzi e gli scherzi del mondo

E ci ride sopra.

La mia patria è la densità della pazienza… lo stesso colore… lo stesso sapore.

La mia patria un milione di amanti… un milione di sognatori.

Vogliono che la mia patria sia un pallone ottagonale

Calciato da un bambino viziato…

Per far ridere le scimmie e porci.

Odeh Amarneh, scrittore e poeta palestinese

(Marzo 2024, Tempi di Fraternità)

Ecco l’inverno è passato

Ecco, l’inverno è passato,

il tempo delle piogge è finito,

se n’è andato;

i fiori spuntano sulla terra,

il tempo del canto è giunto,

e la voce della tortora si fa udire

nella nostra campagna.

Il fico ha messo i suoi frutti,

le viti fiorite esalano il loro profumo.

Cantico dei cantici 2,11-12

LA TUA VOCE

Signore, nostro Padre, facci sentire oggi la voce di Gesù perché noi possiamo metterci alla sua sequela accogliendo il suo invito ad una totale comunione di vita:

“Ecco, io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e mi apre, io entrerò da lui e cenerò con lui, e lui con me” (Ap. 3,20).

E’ tutta lì la vita di un discepolo: crescere nella comunione con il suo Signore.

O Signore, Tu ci parli sempre delle Tue meraviglie, ma noi continuiamo a non vederle.

Questo tempo ci sembra sempre più povero di speranza

e sempre più ricco di oppressione e di monotonia.

Sappiamo che la Tua promessa non delude, ma come mai è così difficile tenerla viva?

Abbiamo imparato persino a penetrare nel cuore dell’atomo, ma non sappiamo vedere i segni che ci dai in questo tempo.

Tutto il mondo ci parla di noi e delle opere delle nostre mani:

Tu sembri il grande assente tra mille evidenze.

I signori di questo mondo impongono la loro presenza;

Tu, invece, nascondi la Tua gloria nella povertà delle cose.

Le Tue opere sovente sono molto diverse da ciò che noi ci aspetteremmo da Te; di esse ci giunge soltanto e a stento

un’ombra, come una eco lontana.

Le nostre “cose” fanno ressa e urgono alla porta del nostro cuore; la Tua presenza, invece, è discreta, attenta a non imporsi, ma a proporsi.

Perché questo, o Signore, è il Tuo stile, la povertà che Tu hai scelto; è la strada della proposta libera, che non vuole farci violenza.

Franco Barbero, 1988

Una piccola vittoria per il clima

Non capita tutti i giorni che la Svizzera sia al centro dell’attenzione internazionale, e forse avrebbe potuto farne a meno. Il 9 aprile molti giornali stranieri hanno parlato della sua condanna per “inazione climatica”. Con un verdetto senza precedenti, la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha accolto il ricorso dell’associazione Ainées pour la protection du climat, anziane per la protezione del clima, che chiedeva al paese di fare di più contro il cambiamento climatico. Dopo la partecipazione di massa agli scioperi per il clima, e accanto a forme di attivismo più discusse come la disobbedienza civile, il ricorso alla giustizia è sempre più spesso considerato uno strumento di

pressione efficace. L’estate scorsa alcuni giovani hanno vinto una causa contro lo stato del Montana, negli Stati Uniti, sostenendo di avere il diritto costituzionale a un “ambiente pulito e sano”.

Mentre il riscaldamento globale avanza e il marzo 2024 è il decimo mese consecutivo più caldo mai registrato, le firmatarie del ricorso hanno solide argomentazioni scientifiche a loro favore. Hanno infatti sottolineato un aspetto indiscutibile del cambiamento climatico, cioè l’aumento delle ondate di calore e il fatto che provocano una crescita netta della mortalità tra gli anziani. Questo è bastato alla corte per stabilire che i loro diritti erano stati violati.

La sentenza ha suscitato reazioni virulente da parte dei partiti di destra, secondo cui la corte si sarebbe avventurata in un terreno politico che non le compete. Di sicuro non è mai piacevole subire critiche, soprattutto quando gli altri paesi sono tutt’altro che esemplari. Ma d’altro canto sarebbe lecito aspettarsi che la Svizzera, con il suo alto tenore di vita e la sua grande capacità d’innovazione, s’impegni di più. Dopo il verdetto della Cedu, il paese ha il dovere di rivedere il suo atteggiamento rispetto al clima. Il governo e il parlamento devono assumersi le loro responsabilità davanti a un fenomeno che

minaccia i diritti umani della popolazione. Bisogna applicare in modo ambizioso la legge sul clima del 2023, che ha l’obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050. Nel referendum del 9 giugno gli elettori potrebbero dare un altro segnale approvando la legge per l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili.

Pascaline Minet, Le Temps, Svizzera

(Internazionale 1558 – 12 aprile 2024)

mercoledì 24 aprile 2024

25 aprile: resistiamo alla guerra

SÌ alla non partenza di figlie/i, nipoti, padri e madri per la guerra

SÌ alle trattative di pace. La Pace ha un prezzo, per non avere uccisioni (1 ml di morti nei prossimi 10 anni) e distruzioni di intere città e paesi dobbiamo organizzare uno scambio e un accordo sui territori e sui confini fra stati.

SÌ al rispetto del ripudio della guerra (art.11) e ritiro delle truppe italiane dai paesi confinanti le guerre.

SÌ allo scioglimento della Nato (organizzazione aggressiva e promotore di guerra nel mondo).

SÌ alla promozione della cultura della pace nelle scuole e alla riconversione dell’industria bellica in attività sociali e di sperimentazione di forme alternative e nonviolente di difesa;

SÌ alla difesa dei diritti umani in alternativa alla difesa militare. Creazione di strutture istituzionali. per la difesa popolare nonviolenta con il compito della risoluzione delle controversie con metodologie nonviolente.

SÌ al diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare
SI alla protezione di renitenti e disertori
SI al mantenimento dello stato di diritto e non al codice militare o stato di guerra

NO alla guerra in Europa e in Palestina, no all’invio di armi in zone di conflitto; no alla partecipazione italiana al conflitto, no al ripristino della leva militare, no alle missioni militari all’estero

NO all’economia di guerra, alla riduzione della spesa sociale per finanziare l’industria delle armi, no al riarmo e alla produzione ed esportazione di armamenti

NO alla propaganda militare nelle scuole e università, no alla ricerca bellica nelle nostre scuole, no alle politiche di schedatura e repressione del dissenso contro la guerra

Fuori l’Italia dalla guerra
OBIETTIAMO E DISERTIAMO

Lega Obiettori di Coscienza, via M. Pichi 1, Milano

(da Pressenza, 23.04.24)