giovedì 30 maggio 2013

LETTERA FIRMATA E RISPOSTA


Caro don Franco,

... la morte di don Gallo, mi ha fatto pensare e porre a lei una domanda: “Come mai a don Gallo non sono state date le sanzioni comminate a lei dal Vaticano con tanta serenità?”. Il resto della lettera, lo legga per conoscenza, ma come risposta mi aspetto che faccia centro sulla mia richiesta.

Con grande stima ed affetto.

B.R.

 

Risposta:

Cara amica,

hai ragione: anch’io non ho mai lottato contro la chiesta, ma per renderla più bella, accogliente e d evangelica. Prima di rispondere alla tua domanda precisa, mi sembra importante ringraziare Dio per il dono, la vita, la fede di don Gallo, un vero testimone del Vangelo, sempre dalla parte degli ultimi. Questo è l’essenziale per chi fa riferimento al Vangelo. Anzi, a me sembra l’essenziale per ogni uomo e ogni donna.

Certo fa impressione questo funerale presieduto da un cardinale e tutto il coro di elogi. Anche Avvenire, Il quotidiano dei vescovi italiani, non ha perso l’occasione per un bell’elogio funebre.

Don Gallo, oltrechè uomo del Vangelo, prete di strada e solidale con i più deboli, è stato sempre un sacerdote molto astuto. Mi spiegò la sua astuzia in un incontro a Genova nel 1984 quando mi disse: “Io non vado mai a cacciarmi in questioni teologiche... perché, se ti infili in quei sentieri, la gerarchia ti fa fuori senza pietà”. Come dargli torto? Nessuno mai mi ha rimproverato di occuparmi dei tossicodipendenti (sono ancora coordinatore di una associazione che mosse i suoi primi passi nell’ottobre del 1980), ma subito la gerarchia mi tenne d’occhio quando seppe che dal 1989 qualche donna presiedeva la celebrazione eucaristica. E fu un vero “processo canonico” quando scrissi sulla numerosa famiglia di Gesù, sul significato dell’espressione “figlio di Dio”, quando scrissi che la verginità di Maria è un linguaggio mitologico, quando scrissi che non bastava cambiare il papa, ma bisognava superare la struttura del papato come contraria al Vangelo. Non mi toccarono subito quando difendevo i diritti omosessuali, ma quando passai alla celebrazione pubblica di nozze gay il Vaticano mi lanciò l’interdetto...

Ci sono, cara amica, dei “punti” che fanno scattare la condanna vaticana. Ho sempre ritenuto che fosse mio compito, mia vocazione ministeriale, mettere al primo posto i poveri, senza però trascurare l’esigenza di esprimere la fede in linguaggi e riti nuovi che rispettino il messaggio biblico per i nostri tempi.

Ci fu un vescovo, che voleva salvarmi dagli strali vaticani. Egli mi suggerì o di astenermi da certi terreni o di mescolare ai miei scritti qualche esplicito assenso e frasario dottrinario...

Capivo il suo amore per me, ma non potevo in coscienza ritrarmi da un impegno teologico di “deellenizzazione” del cristianesimo, come scrivono da decenni i più grandi teologi cattolici.

Credo che, nel comune impegno per i poveri e riconoscendo in don Gallo un testimone ed un profeta straordinario, non posso trascurare altri aspetti che ritengo parte irrinunciabile della mia vocazione e mi lega a migliaia di teologi e teologhe in questo lavoro di “trascrizione” del messaggio biblico per il nostro tempo. Non posso recitare il credo niceno-costantinoplitano senza sentire quelle parole dogmatiche che hanno bisogno di essere rispettosamente superate per parlare all’uomo e alla donna “adulta” di oggi. E' proprio il desiderio di "dire Dio oggi" per i non addetti ai lavori che crea in me l'impegno di tradurre il linguaggio della tradizione in parole che siano contemporanee all'uomo e alla donna d'oggi.

La gerarchia non sopporta chi mette in dubbio, studi alla mano, il suo potere sacro ed esclusivo di “interprete infallibile”. Credo di amare i poveri anche concorrendo a liberarli da questa ideologia di dominio. I guardiani dell’ortodossia fanno il loro mestiere. Mi dissocio per amore del Vangelo come oggi fanno milioni di uomini e donne che non cessano affatto di sentirsi parte di questa chiesa come popolo di Dio.

Non sono sicuro di aver risposto alla sua domanda. Ci ho provato, nel breve spazio di una lettera. Ma è ovvio che la gerarchia sa recuperare senza la minima difficoltà i vari Romero, Puglisi, Gallo che costituiscono la “faccia pulita” di una istituzione sporca e compromessa. Ne ha addirittura bisogno e, se non ci fossero, dovrebbe crearli per salvarsi dal “naufragio universale” della sua realtà istituzionale. Presto saranno tutti santi. Questo è il gioco abilissimo dei sacri palazzi. Per fortuna e per dono di Dio, i semi evangelici vissuti e testimoniati da queste persone portano frutti abbandonati nel cuore di tanti credenti e nelle vie del mondo.

Don Franco Barbero