mercoledì 11 febbraio 2015

LA MEMORIA RITROVATA DEL DRAMMA DELLA BOSNIA

Nessuno di noi ricorda la guerra di Bosnia (1992-1995), della cui fine ricorre quest'anno il ventennale. Fu un conflitto segnato da innumerevoli sofferenze, le cui vittime furono principalmente gli incolpevoli musulmani della Bosnia-Erzegovina.
Culminò con il massacro di Srebrenica (11 luglio 1995), nel quale furono uccisi almeno ottomila musulmani e i loro cadaveri ammassati in fosse comuni. L'Europa non aveva conosciuto simile orrore dalla Seconda Guerra Mondiale. Ne furono responsabili i serbi bosniaci guidati dal generale Ratko Mladic, oggi detenuto e sotto processo all'Aia.

Già mentre era in corso, le opinioni pubbliche europee erano infastidite da quel conflitto molto complesso, nel cuore di un ex Paese che era stato anch'esso complicatissimo, la Jugoslavia. Ancora di più ricordarlo risulta molesto oggi che la parola musulmano sembra diventata un disvalore in sé.

Senza attardarsi a riflettere sulle latitudini, i contesti, le diversità: troppo difficile. Anche per questo è un gioiello il romanzo dello scrittore bosniaco emigrato negli Usa Ismet Prcic (ma perché in italiano è diventato Ismael?) intitolato Schegge e appena mandato in libreria da Bompiani nella traduzione di Alberto Cristofori.

È un piccolo capolavoro letterario, un'opera potente sulle forze contrastanti della memoria e della diaspora, che la minaccia mortalmente. Racconta l'ostinazione del ricordo, in forma di taccuini di diario affidati a un indirizzo postale, e la metamorfosi dell'identità causata dall'esilio.
Una riprova del potere infinito della parola scritta, e della capacità salvifica della creatività umana, più forte di ogni avversità.

(Pietro Veronese, Il Venerdì 30 gennaio)