Si
è conclusa giovedì 21 l’assemblea annuale dei vescovi italiani.
Essa ha avuto poco rilievo sulla stampa e, proprio per questo,
merita un’attenzione specifica. Non è però facile capire come
sono andate le cose. Oltre all’intervento di papa Francesco di
lunedì, il comunicato finale, la prolusione e la conferenza stampa
del Card. Bagnasco non si sa altro. Mi sembra uno stile in
contraddizione evidente con quanto dice papa Francesco su come
dovrebbe funzionare la Chiesa. Dopo il suo discorso il papa ha
interloquito a lungo coi vescovi ma a porte chiuse. Sono stati
allontanati anche i funzionari della CEI e qualsiasi altro che non
avesse lo zucchetto viola sul capo.
I
problemi del paese
Sulle
questioni sociali, corruzione, lavoro, scuola, migrazione e profughi
dalle parole di Bagnasco si percepisce da una parte una giusta ma
ovvia consapevolezza della pesante situazione sociale, dall’altra
una linea di equilibrio tra le posizioni dello schieramento
politico, destinata per sua natura a essere abbastanza irrilevante
perché può essere accettata un po’ da tutti. Non è un caso che
su questioni controverse, come quella dei progettati interventi
militari contro gli scafisti non si dica niente, mentre il mondo
pacifista , a partire da quello di ispirazione cristiana, è
nettamente contrario. Comunque non ci si poteva aspettare altro,
soprattutto a pochi giorni dalle elezioni regionali.
Le
risposte al papa? E le risposte al questionario?
Detto
ciò, la prima constatazione che mi sembra necessaria è relativa
alla reazione al discorso di papa Francesco, che, come nel maggio
dell’anno scorso, è stato severo coi vescovi. Non so naturalmente
se nella discussione segreta le cose siano andate avanti ma dai testi
appare che i problemi posti dal papa siano stati abbastanza ignorati
: collegialità, responsabilizzazione dei laici, concretezza nella
pastorale, “convegnite” che narcotizza le comunità,
riorganizzazione degli istituti religiosi….sono problemi che non
sembrano avere avuto risposte, anche solo di tipo problematico o
interlocutorio. Ma il silenzio che mi sembra di dover severamente
censurare è quello sulle risposte al questionario sulla famiglia
proposto alla discussione della base cattolica dalla segreteria del
Sinodo dei vescovi. Tutte le conferenze episcopali le hanno
divulgate; in Italia si sostiene che non si può perché così ha
detto Baldisseri. Mi sembra una giustificazione fragile se non
pretestuosa o, perlomeno, da comodi primi della classe. Così in
Italia la discussione è tutta interna, trasmessa verticalmente dalle
parrocchie, alle diocesi, a Roma e stop. Solo le risposte delle
organizzazioni libere dai percorsi gerarchici possono essere
conosciute, per esempio sul sito del “Regno” o dei “Viandanti”.
Queste ultime risposte saranno ritenute “valide”, saranno
“usate”?
Sui preti
pedofili ancora silenzio
Il
secondo silenzio riguarda la questione della pedofilia del clero.
Non c’è giorno che non si legga di fatti nuovi coperti dalle
strutture ecclesiastiche, fatti che è ora più facile denunciare
dopo che il problema è venuto a galla negli ultimi anni. “Noi
Siamo Chiesa” ha ripetutamente e dettagliatamente contestato ai
vescovi italiani il ritenere che in Italia il problema è sempre
stato meno grave che in altri paesi (la situazione è invece simile),
il lasciare che ogni vittima si rivolga al proprio vescovo (la figura
del vescovo su questa questione non è più credibile anche in
Italia), il non prevedere che ai livelli centrali (CEI) e diocesani
ci siano organi indipendenti di tutela e di garanzia per le vittime
(come invece è stato fatto sopratutto da parte degli episcopati
europei), il ripetere che il vescovo non è obbligato per legge a
riferire alla magistratura (ma se non è un obbligo giuridico
potrebbe ben essere un dovere morale sollecitato o imposto dalla
Cei). Le nostre contestazioni, che dicono ad alta voce quanto molti
pensano, sono sempre state snobbate.
Continuità
ad ogni costo. Contro l’evidenza.
Nel
comunicato conclusivo della CEI c’è un’affermazione interessante
là dove si afferma “la piena continuità tra la Evangelii
Gaudium , il magistero del Concilio e dei
pontefici che, dopo di esso, si sono succeduti sulla Cattedra di
Pietro”. E’ una dichiarazione di continuità del Magistero che
mi sembra serva solo per il bisogno che hanno molti vescovi di darsi
(da soli!) una riassicurazione su ciò che hanno fatto e fanno nello
stato di disorientamento in cui probabilmente si trovano ora e nel
quale non gradiscono mettersi in discussione, come invece chiede loro
papa Francesco. La gran parte del popolo cristiano , nella sua
sensibilità immediata , di prima pelle, ha invece ben capito che
c’è qualcosa di nuovo nella Chiesa, che papa Francesco non è papa
Benedetto, che semmai c’è continuità tra papa Giovanni e papa
Francesco mentre il periodo intermedio degli altri tre papi è cosa
più complicata, in cui, come minimo, lo Spirito ha soffiato in
modo –diciamolo pure- discontinuo.
La
campagna sul gender
I
vescovi hanno deciso di continuare le ostilità nei confronti della
prossima legislazione sulle unioni civili e su quella, approvata, sul
divorzio breve ma soprattutto di confermare e anche di intensificare
la campagna contro “la teoria del genere (gender)”. In questi
mesi nell’area cattolica che fortemente si richiama all’ispirazione
conciliare, è stato scritto molto in termini molto critici contro
questa posizione dei vescovi che è sostenuta soprattutto dai
movimenti fondamentalisti e che nasce dall’ossessione nei confronti
di una specie di complotto che “in modo subdolo” varie lobby, a
partire da quella gay, starebbero organizzando. Si creano così paure
nelle scuole e tra i genitori e si vuole contrastare una pretesa
“deriva antropologica, culturale e sociale”. Parole grosse,
troppo grosse.
La
realtà è diversa, non mi sembra che ci sia alcun complotto. Il
problema è invece quello di fare in modo che in tutti gli ordini di
scuole, pubbliche, paritarie o private, si faccia veramente una
serena educazione sessuale , secondo criteri pedagogicamente
equilibrati fondati su valori di affettività e di responsabilità in
radicale contrasto con ogni degenerazione consumistica del sesso ,
che parta dalle differenze tra il femminile e il maschile, che
contrasti modelli educativi che propongono, in diversi modi, culture
o comportamenti che siano solo per maschi o solo per femmine e che
educhi a conoscere , capire ed accettare, per evitare ogni
discriminazione, le situazioni omo,
particolarmente
a rischio nel delicato momento dell’adolescenza. Si ignorano o si
dimenticano tanti fondamentali messaggi di Francesco e si enfatizzano
soprattutto o solo le sue parole sul gender che noi vorremmo meglio
capire e discutere perché, su questo punto, ci sembrano
semplificate e poco argomentate. Vorremmo comunque poter discutere su
queste questioni senza l’animosità di chi sostiene questa
campagna nelle parrocchie e sull’Avvenire. Ma non ci è data
l’occasione.
La
riorganizzazione delle diocesi e delle parrocchie
Altro
punto : dai documenti risulta che i vescovi hanno rinviato alle
conferenze episcopali regionali il problema dell’inevitabile
accorpamento delle diocesi. Il problema andrà quindi alle calende
greche, pur ammettendo che qualcosa si voglia fare. Mi risulta che
ci sono decine di piccole diocesi senza vescovo perché papa
Francesco sta aspettando gli accorpamenti. Per quanto riguarda le
parrocchie, di fronte alle evidenti difficoltà soprattutto per la
mancanza di clero, si è parlato di elaborare un loro “diverso
modello organizzativo attraverso una effettiva corresponsabilità
laicale”. Nel Consiglio Episcopale Permanente di marzo si era
parlato di un “Tavolo” per discutere del problema. Mi sembra
importante che si parli di tutto ciò , è già un passo avanti. Le
“superparrocchie” , o come le si chiamino, che si stanno già
sperimentando, sono fortemente criticate da vaste aree del clero nel
nordeuropea dove si pensa a una gestione delle parrocchie ora
esistenti in cui siano protagonisti, non solo proforma, coloro che
non appartengono alla condizione clericale ma che sono pienamente
partecipi della comunità parrocchiale.
I nuovi
Presidenti delle Commissioni episcopali
Sui
nuovi presidenti delle Commissioni episcopali permanenti della CEI
non ho informazioni sufficienti per esprimere alcuna opinione ben
definita. Mi sembra però di ribadire che queste strutture centrali
del nostro episcopato siano insufficienti per la natura stessa della
loro composizione. Sarebbe logico ed utile che ad esse
partecipassero gli esponenti delle tante realtà di base, non solo
di tipo associativo, impegnate nei diversi settori che, nonostante la
secolarizzazione ed ogni altra questione, sono ancora la ricchezza
della Chiesa italiana. I vescovi si sono occupati anche dei fondi
dell’ottopermille; mi pare sia necessaria una ulteriore prossima
disamina dei dati ed una riflessione aggiuntiva rispetto alle tante
del passato che “Noi Siamo Chiesa” ha già fatto, alla luce dei
discorsi di papa Francesco sulla povertà e sulla sobrietà della
Chiesa e nella Chiesa.
Non
perdiamo l’occasione di Firenze
Ci
stiamo avviando verso l’Incontro nazionale di Firenze di novembre.
Potrebbe essere l’occasione per uno scatto in avanti, per
riconoscere i danni della stagione di Ruini e per “saltare” sul
nuovo corso di papa Francesco. Dall’assemblea dei vescovi non si è
saputo quasi niente di come sta andando nel merito la preparazione.
Mons. Galantino parla della necessità di uno “stile sinodale”.
Cosa significa in pratica? La mia impressione è che il mondo
cattolico italiano se ne stia occupando a macchia di leopardo. La
lettura del documento preparatorio non lascia bene sperare. Sarà
un’occasione persa? Utile solo per ripetere parole logorate e
generiche con molti della parte viva della Chiesa assenti o
disinteressati? Una ripetizione dell’inutile incontro di Verona del
2006? Sarebbe grave dopo che il nuovo corso che si è aperto con
papa Francesco chiede alla Chiesa di aprirsi e di non pensare solo
alle proprie identità ecclesiastiche ma di avere invece speranze e
gioie da portare al “mondo”.
Vittorio Bellavite,
coordinatore di “Noi Siamo Chiesa”
Roma, 24 maggio 2015, Pentecoste