sabato 22 agosto 2015

Austerity e troika portano Syriza alla scissione

MILANO. Il dado, ormai, è tratto. Le posizioni erano distanti da tempo. I voti in Parlamento divergenti da luglio. E ora Alexis Tsipras e la sinistra radicale di Syriza sono arrivati al divorzio. A rompere gli indugi è stato Panagiotis Lafazanis. Il leader della Piattaforma della Sinistra - la minoranza del partito che rappresenta circa il 30% del Comitato centrale - ha firmato ieri con 11 deputati un documento che sancisce la nascita di un movimento anti-memorandum «Porteremo la nostra protesta in ogni angolo del Paese », ha annunciato formalizzando la rottura con il premier che, a sua volta, non le ha mandate a dire: «E' evidente che ha scelto di separare i suoi destini da quelli di Syriza», ha commentato una nota ufficiale della presidenza del Consiglio. Con che conseguenze politiche, a questo punto, si capirà nelle prossime settimane, anche se è chiaro a questo punto che le elezioni anticipate sono «quasi inevitabili – come ha detto la portavoce dell'esecutivo Olga Gerovasili - visto che un governo senza maggioranza non va da nessuna parte».
La scissione è nell'aria da settimane e anche nel dibattito di ieri in Parlamento le due anime della sinistra non si sono risparmiate fendenti. «Chi è contro il compromesso vuol portare la Grecia fuori dall'euro e fa il gioco di Schaeuble», ha detto il ministro delle finanze Euclid Tsakalotos. Nessuno, nemmeno nella maggioranza di Syriza, si nasconde dietro un dito. L'accordo con Ue, Bce e Fmi è con tutta evidenza un nuovo piano d'austerità, esattamente come quelli che Tsipras aveva promesso di mandare in soffitta. E riduce la Grecia a una sorta di nazione a sovranità limitata.
«Il governo si impegna a consultare Ue, Fmi e Bce per tutte le azioni necessarie per rispettare l'intesa prima che siano trasformate in legge» recita il nuovo memorandum. Atene non potrà fare «azioni unilaterali » sulle banche e sarà costretta ad anticipare a Bruxelles tutti i suoi bilanci. E ricorrerà all'"assistenza tecnica" della Ue - come è definita con un eufemismo - per tutte le riforme più importanti. «E' il prezzo da pagare per rimanere nell'euro come ci chiedono i nostri concittadini - dicono gli uomini più vicini a Tsipras - consentendoci di spostare il peso della crisi sulle spalle di chi, evasori, oligarchi e armatori in primis, non se n'è fatto carico finora».
Tempi e modi della scissione di Syriza decideranno nelle prossime settimane il futuro politico della Grecia. Il redde rationem finale, in teoria, è previsto al Congresso straordinario di settembre. Il premier vorrebbe allungare i tempi per avviare il tavolo della ridiscussione del debito prima del voto anticipato. Da tenere magari a fine ottobre con il partito - malgrado tutto - ancora largamente in testa nei sondaggi. Gli eventi potrebbero però costringerlo ad accelerare i tempi.
Un primo esame c'è già stato con il voto di questa notte in Parlamento. Se i "ribelli" che diranno "no" saranno stati più di 40, riducendo la maggioranza sotto quei 120 voti minimi per ottenere una fiducia, gli eventi potrebbero precipitare molto più rapidamente.
Cosa faranno in quel caso Yanis Varoufakis e la presidente della Camera Zoe Konstantopoulou, i due oppositori più autorevoli al memorandum?
Nessuno dei due ha mai fatto parte della Piattaforma di Sinistra e secondo alcuni potrebbero andare per la loro strada creando un'altra formazione politica alternativa.
Ettore Livini

(Repubblica 14 agosto)