venerdì 5 febbraio 2016

“La collezione di Farah Diba a Roma, la cultura aiuta il dialogo”

«NON è un caso che il presidente iraniano Rouhani abbia scelto l'Italia come tappa iniziale del suo primo viaggio in Europa dopo la fine delle sanzioni. Né è un caso che con la Germania siamo il primo paese che ospiterà la collezione d'arte di Farah Diba (la moglie dello Shah Reza Phalevi) rimasta 40 anni nei sotterranei del Museo d'Arte contemporanea di Teheran».
È stata proprio la ex ministro della cultura Giovanna Melandri, presidente del Museo Maxxi di Roma, a siglare l'accordo che a gennaio 2017 porterà in Italia la collezione. «Segno che l'Iran ha con l'Italia una relazione politica, diplomatica e commerciale privilegiata».
In questo delicato momento di apertura e riavvicinamento fra l'Iran e l'Occidente, che ruolo ha la cultura?
«Quello di costruire ponti, consapevoli che si sta aprendo una nuova stagione di scambi. Ospitare qui una collezione che non è mai uscita dal paese, insieme ad opere di artisti iraniani fortificherà le relazioni bilaterali tra Italia e Iran».
Un'operazione di diplomazia culturale, dunque?
«Sì. L'Iran è un paese che si apre al mondo e vuole farsi conoscere al meglio: mostrare di essere stato crocevia di una dimensione cosmopolita importante e di averne compreso il valore anche nei suoi anni più bui. L'operazione aiuta il complesso percorso di relazioni e dialogo tutti da costruire. Una delle funzioni che vorremmo affidare al Maxxi».
In che modo?
«Da tempo lavoriamo per fare del Maxxi una sorta di avamposto culturale attento alle dinamiche mediorientali e mediterranee. Abbiamo iniziato nel 2014 con la mostra dedicata proprio all'Iran intitolata Unedited History dove ospitavamo anche tante voci di dissidenti. Proseguito con l'attuale mostra dedicata a Istanbul. Presto ci occuperemo di Libano e poi ospiteremo il regista israeliano Amos Gitai».
Incontrerà Rouhani: cosa gli dirà?
«Lo inviterò alla mostra del 2017. Dove sogno di avere anche un contributo dell'ex imperatrice, Farah Diba. Non sarebbe un atto pacificatorio straordinario?».
Anna Lombardi

(la Repubblica 26 gennaio)