martedì 6 dicembre 2016

Il mio nome è Giona

Ognuno di noi ha le sue parentele spirituali e si identifica in modo del tutto particolare con qualche «figura» biblica che trova risonanze profonde nel proprio cuore. Io sono imparentato con Giona.
Quanto più passano gli anni tanto più mi ritrovo nei panni e nei lineamenti di questo bizzarro credente.
Il «libro» di Giona mi interpella da molti anni e mi sento fatto della stessa «pasta» di Giona. Anch'io, come Giona, faccio sovente l'esperienza di chi «fugge lontano dal Signore».
La vita quotidiana si incarica di farci riconoscere le nostre fughe, le nostre scorciatoie, le nostre «resistenze» all'azione incalzante di Dio. Anch'io, spesso, conosco dov'è Ninive, ma fuggo verso Tarsis, cioè vado nella direzione opposta.
Eppure Dio non cessa di cercare Giona, lo incalza, lo «costringe», lo porta, lo «getta» verso Ninive. La novella illustra la «paziente e logorante fatica di Dio nei confronti di Giona» (H.W. Wolff, Studi sul libro di Giona, Paideia, pag. 51). Dio con Giona deve ricorrere a tutti i mezzi, tentare tutte le strade: «Mentre bastano le poche parole portate ai pagani per indurli ad accettare con chiarezza e decisione il Dio d'Israele, tutte le parole divine e umane, date sotto forma di ordine, accompagnate dalla tempesta, dal grande pesce, pianta di ricino, verme, vento da oriente, e da altre numerose parole non riescono a far sì che Dio ottenga il suo scopo con Giona» (Idem, pag. 99). Insomma, Dio assedia Giona con il suo amore, con il suo invito.
«In realtà il profeta gli dà molto più da fare che tutti i pagani messi insieme! ...Eppure Dio non lo lascia perdere» (Idem, pag. 154).
Finalmente questo credente ostinato, cocciuto e renitente poté conoscere anche il giorno in cui «obbedì al Signore e andò verso Ninive» (2,3).
Il libro si chiude con un interrogativo pungente lanciato da Dio al cuore di Giona: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?» (4,4); «Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino?» (4,9); «Tu ti dai pena per quella pianta di ricino.. .e io non dovrei preoccuparmi di Ninive, quella grande città, nella quale vivono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?» (4,10-11).
Questo triplice e penetrante interrogativo sta ad indicare l'assedio amoroso con cui Dio mette alle strette il profeta e gli taglia ogni via di fuga. Giona si sarà arreso a questo abbraccio senza scampo? Al progetto di Giona: «ritirarsi, dormire e morire», Dio continua ad opporsi con una proposta alla quale si affatica per conquistare il cuore di Giona. Proprio qui sta il grande segno di speranza: Dio non molla, non cessa di incalzarci, continua ad aprirci orizzonti nuovi, ad inquietarci, a punzecchiarci.
Mentre noi ci illudiamo di trovare pace e felicità nelle nostre fughe o nei nostri «sonni profondi» (1,5) o cerchiamo «l'angolo pin tranquillo per riposare» (1,5), Dio si preoccupa di Ninive, la grande città (4,11) e ci coinvolge, ci spinge a partecipare con gioia alla vita che rinasce e rifiorisce nella città della moltitudine che noi spesso riteniamo luogo di perdizione. Dio ci spinge a uscire dalle prigioni del nostro gretto egoismo o dalle torri più o meno babeliche, più o meno narcisistiche, in cui ci siamo rinchiusi.
Giona sceglie la «sua» libertà. Per lui libertà significa Tarsis, cioè una città lontana in cui non lo possa raggiungere la «voce» inquietante di Dio: «La prima cosa che Giona cerca, non appena fatta la sua scelta, l'unica meta che effettivamente raggiunge, è il sonno. «Giona era sceso sottocoperta a bordo, s'era coricato e s'era addormentato profondamente» (1,5). Abbiamo così il più eloquente segno della sua libertà: non vuol vedere né sentire nulla, vuole la sua tranquillità. È la libertà del piccolo borghese di tutti i tempi...Questa è la libertà che noi tutti ci prendiamo troppo volentieri» (Hans Walter Wolff).
Noi cerchiamo sempre di ritagliarci uno spazio separato dal mondo per viverci, ben appartati dalle «voci» che reclamano presenza e solidarietà, la «nostra» pace e tranquillità.
Oppure cerchiamo di costruirci «tre tende sul monte» (Marco 9,5), ma la parola di Dio non incoraggia a rimanere sulla montagna. Fuori del mondo non c'è salvezza. La salvezza di Giona si realizza sulle strade polverose di Ninive. I momenti di riposo, di quiete, di tonificante silenzio, di necessaria separazione dai ritmi e dai problemi di ogni giorno sono in funzione del viaggio.
L'incalzante azione di Dio mi fa sperare che Giona abbia finito col dar ragione e ascolto al Signore. Anzi, io spero per ogni Giona, anche per me. Giona è la parabola della mia vita.
Ho voluto in queste pagine confidare il mio nome al lettore: «Io mi chiamo Giona». L'altro nome ha pure un suo significato, ma il mio nome profondo è appunto Giona. Ma in queste pagine ho anche voluto dire che, nonostante tutto, Dio ama certamente Ninive, ma non abbandona nemmeno tutti quei Giona che combattono, che oscillano tra «obbedienza» e «disobbedienza» alla volontà di Dio.
Noi riusciamo quasi sempre a guastare l'opera di Dio, ma Dio riesce sempre a far fiorire le sue opere sui nostri guasti.
Caro Giona, anche tu sei un credente poco esemplare. Sei un profeta «sbagliato»...che Dio continua ad amare. Caro Giona, fratello mio, non ci resta che accettare la strada che porta a Ninive. È a Ninive che succede ancora qualcosa di nuovo.
Franco Barbero,
da "Stirpe di Giona"

Pinerolo, 24 febbraio 1989

Mentre apro il Vangelo

Signore,
vengo a cercare
la Tua parola
per scoprire
la Tua volontà.
Attorno a me tutto è parola,
immagine, suono e colore.
La televisione
è parola «nazionale»,
onnipotente,
ossessionante, seducente.
Tu non reggi
alla concorrenza,
o Signore!
Eppure,
solo la Tua
è parola che fa vivere,
che dà senso alla vita.
La pubblicità si impone
con violenza
e ci aggredisce.
Tu, invece, continui
a farTi proposta,
a farci proposte.
Tutti vogliono
farci comprare
un prodotto, un giornale,
un oggetto, qualcosa:
quasi che la vita
fosse un mercato.
Tu non ci vendi nulla;
ci regali questa parola
che ci apre davanti agli occhi
la possibilità
di diventare persone
libere e liberatrici.
Signore,
voglio ascoltarTi
più spesso
con cuore aperto.