martedì 6 dicembre 2016

"La dipendenza è un rifugio, l'errore è volersi curare da soli"

ROMA. «Un tentativo di autoterapia, cui si torna a ricorrere nei momenti di dolore interiore»: così Luigi Cancrini, psichiatra e psicoterapeuta da sempre attivo nella lotta alle dipendenze, definisce le ricadute da parte di chi ne è vittima.
Perché con le droghe si creano legami apparentemente indistruttibili?
«Chi sta male spesso sceglie di "autocurarsi", usando sostanze che gli danno la percezione di stare meglio. Al contrario, la psicoterapia rende le persone refrattarie alla dipendenza, perché le costringe ad affrontare il dolore, ma si accetta di sottoporvisi solo per motivi ben precisi».
Per esempio?
«Per amore, perché una persona cara chiede di smettere o per motivi economici, come la mancanza di soldi che rende impossibile procurarsi la droga».
Per quali soggetti è più difficile ottenere risultati dalla psicoterapia?
«Per i soggetti con tratti narcisistici, che li spingono a non voler ascoltare l'altro e soprattutto a non accettare consigli su come comportarsi. Nella loro percezione, esiste già una "cura" molto più attraente che subire obblighi che appaiono mortificanti».
Ma come mai chi riesce a disintossicarsi talvolta ricade nel tunnel?
«Dipende. Con la cocaina, per esempio, è difficile mantenere un uso "leggero", da un paio di volte alla settimana, e spesso si deve smettere perché, abusandone, si sta troppo male. Riuscendo ad interrompere subentra una sensazione di benessere e di euforia, che però ha vita breve, e appena si verifica un episodio che mette in difficoltà si ritorna nel rifugio della droga. Lo stesso vale per il sesso o l'alcol ».
E l'uso di farmaci in alternativa alla psicoterapia può aiutare?
«Purtroppo non esistono cure farmacologiche efficaci e sostitutive».
Irene Maria Scalise

(la Repubblica 30 novembre)