mercoledì 7 dicembre 2016

Metodo storico-critico: necessità e limiti

In queste pagine siamo soliti parlare di metodo storico-critico. In una certa misura ci sembra utile accogliere l'osservazione di Martin Hengel (La storiografia protocristiana, Paideia, Brescia 1985, pag. 167): «L'espressione 'il metodo storico-critico' è ambigua e problematica. In realtà esiste una molteplicità di metodi storici...». L'Autore ci mette in guardia da una certa presunzione di onnipotenza che, a volte, può fare in modo che la conoscenza attuale, sempre molto limitata, si erga a criterio determinante per stabilire che cosa può o non può essere accaduto nel passato. Inoltre «conoscenza storica dei fatti non vuol già dire comprensione». Del resto una «esegesi teologica che ritenga di poter "interpretare" il Nuovo Testamento senza ricorrere a metodi storici adeguati non solo si chiude al problema della verità, ma corre anche il rischio di far violenza agli enunciati del testo e di abbandonarsi alla speculazione docetista» (pag. 174). «Non possiamo sottrarci al problema della verità storica e siamo sempre esposti al pericolo di costruzioni speculative lontane dal testo. Proprio l'esegesi che si basa su una precomprensione di fede dovrà servirsi con particolare cura e acribia di tutti i metodi storici a sua disposizione» (ivi, pag. 176).