venerdì 24 marzo 2017

INCONTRI ECUMENICI: SI AFFRONTINO ANCHE TEMI TEOLOGICI


Quando quasi 60 anni fa sono arrivato alla Facoltà valdese di Teologia di Roma era da poco uscito, a cura di Eric Fuchs, per Labor et Fides, lo scritto di Giovanni Calvino La vraie façon de réformer l'Eglise chrétienne (cfr. anche: Calvino: Opere scelte I: dispute con Roma. Torino, Claudiana). Leggendolo si apprende che da parte cattolica e da parte protestante si arrivò al seguente compromesso, voluto dall'imperatore, nel maggio 1548: in attesa di futuri accordi fra le due parti, nel frattempo i protestanti, in cambio di pochissima contropartite, tornavano ad accettare, e a non mettere in discussione, il 90% delle dottrine cattoliche, quasi che queste fossero diventate irrilevanti, adiaphora, non lesive della Confessione di fede delle chiese nate dalla Riforma. Bucero per non sottomettersi, e aver salva la vita, lasciò Strasburgo e riparò in Inghilterra; Flacio Illirico, per protesta, abbandonò Wittenberg e si trasferì a Magdeburgo, dicendo: "Nihil est adiaphora in casu confessionis". Calvino rispose alle tesi del compromesso con il chiaro commento a cui faccio riferimento.
Scritto straordinario. Con un tono sereno e fermo, con franchezza, Calvino dice, non alla parte cattolica ma alla propria parte: non sottoscrivo e non accetto la vostra posizione. Contesta che possano essere considerate indifferenti dottrine quali: sette sacramenti, immagini, culto dei santi, cerimonie, digiuni, papato, messe, ecc... e sintetizzando dice: "Il problema non è dato dai Turchi, dai Giudei e dai Papisti (...) ma da chi si adopera ad una concordia truccata che produce un Cristo dimezzato, oscurato, inquinato...", e oltretutto "si spaccia tutto ciò artificiosamente con il nome di Riforma". Le dottrine sopra elencate, precisate e aumentate nel numero lungo i secoli, sono sempre davanti a noi, ben codificate da Trento in poi: per convincersene basta leggere il Catechismo della Chiesa cattolica. Non sono dottrine irrilevanti, di fronte alle quali si possa rimanete indifferenti!
Queste e altre ancor più rilevanti differenze, quali la gerarchia ecclesiastica, la distinzione clero-laici, la persistente discriminazione delle donne, non possono mai essere taciute e vanno esaminate, a maggior ragione in una fase tanto favorevole del dialogo ecumenico. Sono queste differenze che costituiscono la narrazione della nascita delle nostre chiese e del loro continuare a esistere. Gli incontri non possono continuare a essere solo incontri di preghiera su temi condivisi. Tranne eccezioni, mancano "incontri-confronti" di base su ognuna di queste rilevanti questioni. Non è possibile adoperarsi per l'unità delle chiese pensando che sia possibile evitare che le infedeltà degli uni e degli altri possano essere da tutti accolte senza che le une e le altre passino al vaglio e sotto il giudizio della Parola di Dio. Molti vorrebbero che si sviluppasse una reciproca conoscenza meno superficiale, più confessante da entrambe le parti.
Sembra quasi che questa generazione voglia passare alla storia come la generazione che, pur con la scusante di doversi occupare di cose concrete e gravi, da fare insieme, abbia deciso di lasciare alle generazioni future, che Dio non mancherà di suscitare, il compito di affrontare i temi teologici ed ecclesiologici, mettendo oggi fra parentesi qualsiasi questione che possa nuocere all'incontro e disturbare i reciproci rapporti, mai così buoni, e turbare i nostri sonni.
Nel quinto centenario della Riforma, almeno al nostro interno, abbiamo la necessità di tornare ad ascoltare la voce di Dio anche attraverso gli scritti dei Riformatori e di quanti ci hanno preceduto, o sono oggi al nostro fianco, nel cammino della fede in Gesù Cristo, e che ci ricordano l'esigenza primaria di confessare, a tempo e fuor di tempo, la nostra fede, annunziandolo, confidando unicamente nell'efficacia della Parola di Dio.
(Ennio Del Priore, Riforma 17/03)