martedì 5 dicembre 2017


Comunità cristiana di base di via Città di Gap, Pinerolo
NOTIZIARIO DELLA CASA DELL'ASCOLTO E DELLA PREGHIERA

N°41 dicembre '17

In evidenza:
     APPUNTAMENTI DI COMUNITA'
- 5/12: presentazione libro F. Barbero

- 11/12: gruppi biblici

- 17/12: Riconciliazione_assemblea cdb

- 24/12: eucarestia di Natale
     RECENSIONI
- G. Garbini, Vita e mito di Gesù

- Maria Veladiano, LEI

- F.-E. Wilms, I miracoli nell'Antico Test.
     SPUNTI PER MEDITARE E RIFLETTERE
- Alcune riflessioni sul Natale

- Ascoltare, ascoltarsi (D. Bonhoeffer)

- Vero volto Islam: pace e uguaglianza

- Donne in trappola…
    DALLA NOSTRA COMUNITA'
- Questa comunità
APPUNTAMENTI DI COMUNITA' (via Città di Gap 13 -II piano)
     DOMENICA 3 DICEMBRE dalle 10 alle 11 – Eucarestia (prepara Ines Rosso)

     MARTEDI' 5 DICEMBRE dalle ore 20:45 – Presentazione dell'ultimo libro di Franco Barbero: l'incontro pubblico si svolgerà presso la libreria Mondadori di Pinerolo (P.zza Barbieri, 15). Per ulteriori informazioni si rimanda alla pagina 2 di questo notiziario.

     LUNEDI' 11 DICEMBRE dalle ore 15,30 alle ore 17 e dalle ore 21 alle 22,30 - Gruppi biblici: continuiamo la lettura della "I Lettera ai Corinzi" di Paolo (cc. 5, 6, 7 e 8).

     DOMENICA 17 DICEMBRE dalle ore 10 alle 11 – Liturgia della riconciliazione (prepara un gruppo ad hoc).

     DOMENICA 17 DICEMBRE dalle ore 11:15 – Assemblea comunitaria: programmiamo insieme le attività della cdb e impostiamo il notiziario di gennaio.

     LUNEDI' 18 DICEMBRE dalle ore 17 – Confronto comunitario a gruppi biblici uniti: l'incontro si potrebbe protrarre anche dopocena. Chi lo desidera può cenare in comunità (ognuno/a porta qualcosa).

     DOMENICA 24 DICEMBRE dalle ore 21 – Eucarestia di Natale (prepara un gruppo ad hoc).

     MERCOLEDI' 27 DICEMBRE dalle ore 21 – "Racconti di viaggio e di vita": Daniele Violato ci racconta il suo viaggio in India e la sua vita a Bruxelles.

     DOMENICA 31 DICEMBRE dalle ore 17 – Ora di silenzio e preghiera
ALCUNI APPUNTAMENTI con Franco Barbero
     VENERDI' 1 e 15 DICEMBRE dalle ore 17,45 alle ore 19,15 – Corso biblico a Torino: presso la sede di via Principe Tommaso 4. Nel primo incontro Franco Barbero presenterà il suo ultimo libro "Confessione di fede di un eretico". Il secondo incontro sarà dedicato al primo libro di Samuele. Gli incontri sono aperti a tutte/i, per informazioni telefonare a Maria Zuanon 3497206529.

     VENERDI' 15 DICEMBRE a partire dalle ore 19:30 a Rivalta - Eucarestia di natale: parteciperanno tutti i gruppi (bambini/e, ragazzi/e e adulti). A seguire cena autogestita. Per ulteriori informazioni contattare Antonella: antoigor@yahoo.it).

     DOMENICA 17 DICEMBRE dalle ore 10 alle 15:30 – Eucarestia di Natale della Comunità nascente di Torino in via Principe Tommaso 4. Alle ore 10 arrivi e accoglienza; alle ore 10.30 inizio eucarestia di natale. A seguire pranzo comunitario autogestito (chi desidera potrà portare qualcosa) e nel pomeriggio programmazione. L'incontro terminerà verso le ore 15,30. Per ulteriori informazioni: Anna Serafini 338-3311616 e blog della comunità (http://comunitanascentetorino.blogspot.it/).
NOTIZIE DA GRUPPI E COLLEGAMENTI
Presentazione libro di Franco Barbero a Pinerolo
Martedì 5 dicembre alle ore 20,45 presso la libreria Mondadori di Pinerolo (P.zza Barbieri, 15), Franco Barbero presenterà il suo ultimo libro "Confessione di fede di un eretico" - Edizioni Mille. Per prenotare e avere informazioni è possibile contattare direttamente l'editore: email info@edizionimille.eu; telefono 011/546076 - 348/3888709.
Seminario nazionale delle comunità cristiane di base
Da venerdì 8 a domenica 10 dicembre a Rimini (presso la Casa per ferie "Don Bosco", Viale Regina Elena,7) si terrà il seminario nazionale dal titolo "Beati gli atei perché incontreranno Dio".

Alcuni/e della nostra comunità parteciperanno all'incontro, coordinando uno dei laboratori previsti per sabato mattina e pomeriggio. Alleghiamo al nostro notiziario un dossier di quattro pagine con il programma dettagliato e un contributo di Franco Barbero.
La Scala di Giacobbe (Gruppo composto da persone gay, lesbiche, bisex, transgender, credenti e non credenti)

Sabato 16 dicembre alle ore 17 in Vicolo Carceri 1 a Pinerolo, incontro con Manuela e Michela, due giovani donne che ci racconteranno la loro storia d'amore, dal primo incontro alla vita di coppia, e le battaglie affrontate per essere accettate dalle rispettive famiglie.
Alle ore 19,30 cena (costo 8 euro, è necessario prenotare entro giovedì 14 dicembre scrivendo a: lascaladigiacobbe@gmail.com). A seguire proiezione di un film a tematica LGBT. Vi aspettiamo!

Gruppo amicizia islamo-cristiana
Il 30 novembre ci siamo incontrati per programmare le prossime attività. Abbiamo ipotizzato di organizzare una conferenza dal titolo "Le paure di fronte al pluralismo culturale e religioso". Ci si propone di trovare nella storia eventi e personaggi alternativi, caratterizzati dal dialogo e non dalla contrapposizione. Data, luogo e relatori/trici sono ancora da definire, anche se è probabile che l'incontro si svolga a marzo.

Il prossimo incontro organizzativo del nostro gruppo sarà invece giovedì 18 gennaio alle h18 in sede da definire. Nel prossimo notiziario daremo informazioni più precise.
Gruppo "Uscire dalle guerre"
Martedì 5 dicembre il gruppo si incontrerà con alcuni/e consiglieri/e del Comune di Pinerolo per proseguire il confronto su come passare da un'economia ed una politica di guerra ad una politica ed un'economia di pace, a partire da noi e dalla nostra città. Nel prossimo notiziario vi racconteremo cosa ci siamo detti.
RECENSIONI
Giovanni Garbini, Vita e mito di Gesù
LETTERA DI GUIDO ALLICE

Carissimo don Franco, ho letto il libro di Giovanni Garbini "Vita e mito di Gesù". La tesi fondamentale è che i "vangeli canonici ci dicono molte cose sulle posizioni, i problemi e le preoccupazioni della chiesa nei decenni finali del I secolo, ma assai poco o nulla sulla figura di Gesù e sul reale contenuto della sua predicazione" (pag. 138).
Vi è stato, secondo l'autore, un travisamento del messaggio del Gesù storico ed un occultamento della sua memoria ad opera della chiesa "ufficiale" che si forma a Roma con il vangelo di Marco (pag. 30), con la affermazione graduale del primato di Pietro a scapito degli altri apostoli (e soprattutto di Giacomo).
Nei testi poi diventati canonici si da "pochissimo risalto al Gesù storico e massimo risalto...al Cristo teologico" (ibid.).
La predicazione di Gesù conteneva l'annuncio della venuta del regno di Dio, di un Dio Amore che stava per sconfiggere definitivamente il regno di satana. Ma la forza dirompente di questo messaggio è stata attenuata ed il suo significato originario in parte travisato. "La chiesa che ha prodotto i sinottici aveva fatto propria la dottrina teologica di Paolo, lontana assai da quello che Gesù aveva predicato (e che Paolo non aveva mai udito) e aveva reintrodotto nella nuova religione non pochi elementi giudaici che Gesù aveva ripudiato" (pag. 137).
L'autore ricerca gli indizi di questo travisamento attraverso l'analisi linguistica e filologica dei testi, dal loro confronto (sia dei testi canonici che di quelli apocrifi) dal rilievo delle numerose contraddizioni ed incongruenze che sono indizi di interventi redazionali volti a modificare il testo originario, o da maldestri tentativi dell'autore di celare o attenuare aspetti poco graditi del comportamento di Gesù. La mia impressione di profano è che a volte si diano per acquisite affermazioni che sono solo ipotesi non del tutto provate.
In particolare mi sembra che l'autore abbia una visione troppo schematica del formarsi del primo cristianesimo, ne sottovaluti la complessità ed anticipi fenomeni che si sono verificati più avanti nel tempo. Egli afferma, ad esempio, che "Tutti i vangeli di cui abbiamo notizia...sono stati scritti dopo che Gesù fu identificato con il messia, il Cristo e pertanto hanno come presupposto la natura divina del personaggio" (pag. 133) e più avanti: "la creazione di Gesù-dio rendeva indispensabile che il Gesù-uomo perdesse ogni contatto con quella che era stata la sua realtà terrena con la eliminazione di ogni notizia che lo identificasse" (pag. 136).
Così come mi pare si dia eccessivo rilievo alla rottura delle prescrizioni religiose ebraiche da parte di Gesù, che traspare in passi dei vangeli apocrifi e sarebbe invece stata attenuata nei vangeli canonici (v. pag. 118).
La formazione di un organismo che possa definirsi "chiesa ufficiale" mi pare sia avvenuta in epoca più tarda alla redazione dei vangeli, così come più complessa la formazione di una religione nettamente distinguibile dall'ebraismo.
Detto questo, però, riconosco che molte delle osservazioni mi sembrano pertinenti, come quelle riguardanti le omissioni di notizie sulla vita di Gesù e sugli apostoli (i dati sulla vita di Gesù sono ridotti al minimo nei vangeli e negli Atti si parla esclusivamente di Pietro e di Paolo), anche se si potrebbe parzialmente obiettare che lo scopo degli evangelisti non era quello di raccontare fatti, ma di annunciare messaggi e che la scrittura su rotoli di papiro imponeva dei limiti di estensione del testo (v. Martin Hengel, "La storiografia proto-cristiana", Paideia, pag. 23). Un argomento in cui l'omissione appare evidente è quello delle donne seguaci di Gesù che traspare nei vangeli ma doveva essere certamente avere una importanza maggiore nella realtà dei fatti. E' comunque innegabile che esista un distacco tra il Gesù storico ed il Gesù come appare nei vangeli e che la ricerca degli ipsissima verba Jesu è quanto mai ardua. Se a ciò si aggiunge che i testi sono spesso stati oggetto di interventi redazionali più o meno casuali, c'è da restare abbastanza sconcertati sulla possibilità di giungere al messaggio autentico di Gesù. Che ciò sia possibile è la tesi di Hans Kung, che si basa interamente sulla fiducia di poter attingere per lo meno al nucleo sostanziale del messaggio, superando tutte le deviazioni e gli ostacoli esterni ed interni alla chiesa che si sono frapposti nel tempo, in uno sforzo di traduzione di concezioni elaborate in altri tempi e altre culture nel linguaggio di oggi (pag. 290).

Mi interesserebbe molto che tu trattassi l'argomento.

RISPOSTA DI FRANCO BARBERO

Caro Guido,

raccogliendo la tua sollecitazione, ho riletto "Vita e mito di Gesù" di Giovanni Garbini.

Condivido sostanzialmente le tue osservazioni e aggiungo qualche riflessione personale.

1) La prefazione dello stesso Garbini è illuminante. Le questioni attinenti le ricerche sul Cristo storico degli ultimi tre secoli costituiscono per lui "un campo che non mi appartiene". Si scusa con gli studiosi e le studiose per essersi "intrufolato nel loro gruppo senza avere i requisiti necessari e, ancor peggio, senza conoscere la bibliografia sull'argomento".

Devo dargli atto dell'onestà con cui riconosce i limiti della sua opera. Se un marinaio fa il direttore d'orchestra, forse gli sfugge qualche accordo. 

2) Sorprende il fatto che alcune sue affermazioni presentate come scoperte (come la formazione e la redazione dei testi e la distinzione tra storia e mito....) appartengano come pacifica acquisizione nella mia biblioteca da almeno 50 anni.

E' ovvio che il messaggio di Gesù ha subito traduzioni e alterazioni di cui la pluralità testuale ci fornisce ampia documentazione. Il Gesù storico rimane per molti aspetti, come sottolinea Garbini, ancora da scoprire, ma ciò che si sa delle sue scelte fondamentali non è un "quasi nulla".

3) Porre la "nascita del cristianesimo" (pag.24) prima del Concilio di Gerusalemme, è pura fantascienza come parlare di "chiesa ufficiale" e di "primato di Pietro" (pag.144) prima del Vangelo di Marco o con il Vangelo di Marco sembra oggi storicamente umoristico. Mi sembrano affermazioni, rintracciabili continuamente nel libro, senza un'attenta disamina del lento processo di formazione delle varie esperienze del movimento di Gesù e del loro lento distanziamento dall'ebraismo.

4) Così pure Garbini sembra talvolta dimenticare che Gesù di Nazareth era totalmente ebreo e non poteva essere il femminista del terzo millennio, per quanto sia vero e ben visibile il fatto che il nazareno, convertendosi, si schierò progressivamente dalla parte delle donne e di tutti gli emarginati. 

5) Stupisce una affermazione perentoria: "Una conclusione si impone con tutta evidenza: Pietro ha messo completamente in ombra tutti gli altri antichi discepoli del maestro; detto in termini più concreti, vi sono elementi sufficienti per affermare che la chiesa di Roma ha voluto creare il vuoto intorno alla figura di Pietro, eliminando tutti i suoi possibili rivali. Tale opera di eliminazione degli apostoli dalla scena storica....è la naturale conclusione del processo iniziatosi con i Sinottici..."(pag.60). E' chiaro: non tutti hanno la stessa visibilità tra i discepoli e le discepole, ma Giacomo è ben presente a Gerusalemme tra "le colonne" e la sua posizione è centrale secondo il libro degli Atti.

6) Ma per chi conosca le ricerche storiche sul movimento d Gesù (anche solo ricordando Paul Mattei, Mauro Pesce, Enrico Norelli, Filoramo e Paolo De Benedetti...) suona irricevibile che "i Vangeli sono stati scritti quando si era già affermata l'idea della divinità di Gesù" (pag.77). Qui l'ottimo filologo diventa uno storico claudicante.

La stessa disinvoltura porta Garbini, quando parla di Gesù guaritore, ad affermare l'incertezza della realtà significata nei racconti di guarigione, ad accostare "il caso mai chiarito di p. Pio da Pietrelcina"(pag.77). La comparazione mi lascia senza respiro, ma per cogliere la espressività dei racconti di miracolo sono utilissimi gli studi dei biblisti Michele Schiavo e John P.Meier, che Garbini sembra ignorare.

7) Una svista incredibile a pag. 95 davvero mi stupisce. Il testo greco di Luca non è affatto la "pecora smarrita", ma la "pecora perduta". Non riesco a credere alle parole che leggo a pag. 96 secondo le quali i sinottici hanno evitato di affermare apertamente l'amore di Dio.

8) Ovviamente le affermazioni perentorie di Garbini proseguono fino all'ultima pagina: "Quando fu scritto questo vangelo (di Giovanni), Maria di Nazareth era già diventata la Madre di Dio" (pag.101). Forse una rilettura della storia dei dogmi porterebbe al Concilio di Efeso del 431.

9) A pagina 133 l'Autore scrive: "Tutti i vangeli di cui abbiamo notizia sono stati scritti dopo che Gesù fu identificato con il Messia, il Cristo, e pertanto hanno come presupposto la natura divina del personaggio". Una larga parte dell'esegesi da secoli documenta la distanza che esiste dai Vangeli alle cristologie divinizzanti e alle versioni e  perversioni dogmatiche. Mettere sul conto di "tutti i vangeli" la dogmatica cristologica ufficiale costituisce una semplificazione inaccettabile.

10) Quando Garbini fa il filologo, quando valorizza gli apocrifi e intuisce e scopre l'intreccio delle varie letterature, ci regala pagine straordinariamente penetranti. Quando si rifiuta di prendere atto delle ricerche storiche, diventa difficile prenderlo sul serio. Avevano ragione gli antichi: "Quandoque dormitat et bonus Homerus" ("Anche il buon Omero a volte sonnecchia").

Grazie, caro Guido e, come vedi, alcune nostre osservazioni sono in sintonia.
In libreria per Paideia, 2015, pp. 168, € 18.
Maria Veladiano, LEI
Ho acquistato questo testo attirata dal titolo e dal grande spazio dato a questo romanzo di Maria Veladiano, da "Repubblica" di qualche settimana fa.

Questa narrazione è singolare perché il soggetto principale vorrebbe essere Maria di Nazareth ma, pagina dopo pagina, ti accorgi che in realtà il vero soggetto è la Madonna, quella cattolica che ben conosciamo.

Dentro e dietro le pagine di questo libro, scritto in maniera accattivante, fa continuamente capolino la dogmatica tradizionale...che più tradizionale non si può.

Riporto qualche "passaggio", in cui un lettore e una lettrice un po' consapevoli dei generi letterari e dei metodi storici e critici e non privi di qualche conoscenza dell'ebraismo, si trovano di fronte ad una confusione tra la storia, il mito e la dogmatica.

A pagina 6 "Di me non si sa da dove vengo, sono nata con mio figlio, resa madre dal suo apparire.....Il mio corpo è stato un vaso. Così si è scritto. Ricettacolo di tutte le grazie....Il mio corpo giovane che raccoglieva il suo, arrivato già carico di eternità....Lo tessevo ogni giorno ed era Dio". Tragico delirio materno. Pensare che esista una madre di Dio fu l'esito fraudolento del Concilio di Efeso del 431 che divise per secoli la cristianità.

Proseguendo nella lettura si trovano altre affermazioni, messe in bocca a Maria, che mi hanno fatto sobbalzare:

"Il corpo di mio figlio io quello l'ho avuto...L'ho stretto a me più di quel che avrei dovuto. Ma eravamo tutte e due così soli. Come il nostro Dio. Un Dio nascosto, secondo le Scritture. Nemmeno Mosè lo ha visto. "Il mio volto non lo si può vedere" . E io l'ho avuto in braccio".

Ancora al capitolo 20, pagine 54-55 l'Autrice, in un caldo  linguaggio poetico, fa dire a Maria parole che, amio avviso, hanno qualcosa di quasi blasfemo: "Ho salvato Dio mille volte, al volo l'ho preso... L'ho salvato quando è caduto nel pozzo, madre sventata che ero....L'ho salvato dalle erbe velenose , dalle bestie feroci, i serpenti, il freddo, la paura. Con i miei occhi bene aperti ho salvato Dio mille volte prima che morisse".

Qui Maria parla di Gesù, che è diventato Dio e la seconda persona della Trinità dopo Nicea (325) e Calcedonia (451), durante  travagliati Concili con parecchie scomuniche di vescovi e di comunità che si erano opposte a questa dogmatica.

Pensavo di trovare in queste pagine anche una riflessione documentata sulla ebraicità di Maria e di Gesù. Pensavo soprattutto che una scrittrice di qualità come la Veladiano potesse non ripetere la consueta dogmatica ufficiale, ma creare un libero racconto senza prescindere dalle acquisizioni dei metodi storici e critici e dalle numerose elaborazioni delle teologie femministe. Invece di questo passo si divinizza un bambino e scompare la numerosa famiglia di Nazareth. Soprattutto scompaiono la figura storica di Maria e il messaggio e la prassi di vita di Gesù di Nazareth

(recensione a cura di Fiorentina Charrier).

In libreria per Guanda, 2017, pp. 171, € 17.
Franz-Elmar Wilms, I miracoli nell'Antico Testamento
Quando un libro è un gioiello: ecco come ci esprimiamo per fornire una valutazione riassuntiva di quest'opera preziosa. L'esegeta di mestiere la legge con utilità e piacevolezza; il lettore sinceramente desideroso di attrezzarsi per la lettura della Parola di Dio ne trae enorme profitto. Viene qui rigorosamente documentato lo 'spostamento' avvenuto in questi ultimi 50-60 anni negli studi biblici per quanto riguarda il miracolo: non si tratta più di considerarlo come una 'prova della potenza di Dio', ma soprattutto come 'segno' che rimanda a Dio.

Per il giudizio sui segni è decisivo che cosa essi comunicano; è importante piuttosto a chi rimandano (pag. 33). Non si tratta di aggrapparci al miracolo per il valore apologetico.

I racconti di miracolo vogliono piuttosto ingenerare nel credente una 'conversione', una decisione di cambiamento della propria vita. Il miracolo è un 'segnale' che fornisce alcune tracce dell'amore invitante di Dio.

I racconti di miracolo, che vanno accuratamente distinti dal miracolo, sono testimonianze di fede. "Degli uomini formularono, in essi, l'esperienza del divino che era loro toccata" (pag. 7).

La conoscenza delle strutture e dei generi letterali in cui i racconti di miracoli ci sono giunti, una adeguata ricerca sulla situazione da cui tali racconti ci provengono e una diligente investigazione sui 'portatori della tradizione' permettono poi, con grande probabilità, di individuare con una certa precisione l'intenzione e i significati di tali pagine bibliche.

Il lettore appassionato e rigoroso apprezzerà tanto la prima parte del volume (costituita da una meticolosa indagine sui vocaboli) quanto la seconda, nella quale l'Autore, con semplicità e chiarezza difficilmente superabili, rilegge i racconti di miracolo più significativi del Vecchio Testamento e li accosta a quelli del Nuovo Testamento.

Inutile sottolineare che tale accostamento costituisce un metodo di assoluta necessità per la comprensione dei racconti miracolosi degli evangeli.

Il lettore della Bibbia, dunque, ha davanti a sé i racconti dei miracoli, mai il miracolo stesso. In questi testi hanno la parola uomini che hanno cercato la maniera più viva ed efficace per farci giungere la loro testimonianza di fede e l'appello che Dio ci rivolge oggi. "Il nostro impegno quindi non si rivolge al problema: che cosa è allora accaduto? Noi cerchiamo di conoscere a fondo ciò che gli autori dell'Antico Testamento vogliono dirci con i loro racconti e come noi possiamo oggi viverne da credenti" (pag. 149). Guai se ci capitasse di leggere i racconti di miracolo (del Vecchio e del Nuovo Testamento) come 'storia' nel senso moderno. Essi sono parola e racconto che 'funzionano' e significano solo da credente a credente. Sono racconti 'costruiti' per farci ricordare l'amore di Dio che viene da lontano ed è presente ancora oggi: hanno un carattere di richiamo, di memoria, di invito: "Il racconto miracoloso è un'impegnata attestazione di fede la quale vuole provocare" (pag. 345). Chi si trova davanti ai segni resta libero; può tenerne conto oppure trascurarli. Ma si può anche aggiungere che la fede dei singoli credenti conosce cammini diversi e sensibilità legittimamente diversificate. "Miracoli e segni possono non essere ugualmente accessibili a ciascuno. Il carattere di appello del segno non coglie in modo uguale ogni uomo, nella sua concreta situazione esistenziale. Dove l'uomo si sente personalmente toccato, un altro non sente di esserlo" (pag. 316). Ciò viene detto non certo per trascurare il messaggio che ci viene dai racconti dei miracoli, ma per evidenziare come Dio ci 'chiama' per strade diverse e uno stesso racconto può parlare ad una persona in maniera diversa in tempi successivi.

Raccomandiamo ai lettori queste pagine. Esse sono comunque indispensabili per catechisti, animatori di comunità, presbiteri. La lettura non è difficile, ma richiede un serio impegno.

(recensione a cura di Franco Barbero).

In libreria per EDB, Bologna, 1985, pp. 352, € 25.
SPUNTI PER MEDITARE E RIFLETTERE
Alcune riflessioni sul Natale

A partire dal VI secolo il natale diventò una festa cristiana centrale.
Molti cristiani, parroci e catechisti, preparano gli appuntamenti natalizi come se fossero delle importanti feste cristiane.
I bambini e i ragazzi/e vengono così abituati a confondere disinvoltamente una tradizione, ormai tutta commerciale, che di cristiano non ha nulla.
Un rigoroso discorso biblico e teologico ci porterebbe a concludere che siamo caduti in una trappola  e che il natale, come fatto e festa cristiana, sarebbe da accantonare.
Tanto più che i racconti di Matteo 1-2 e Luca 1-2 sono pura e bella mitologia, interamente diversa da una lettura storica.
Piuttosto le festività di fine anno conservano nella nostra tradizione più sana il senso del riposo, dell'incontro conviviale allargato, come tempo del silenzio e del riposo, un vero dono di Dio per interrompere la fatica del vivere e ritrovare la voglia di rituffarci nella vita con il sole rinascente.
Per secoli i cristiani hanno fatto a meno del natale, perché, centrando sulla pasqua, erano consapevoli che la festa cristiana è la domenica, cioè la "piccola pasqua" di ogni settimana. Ma è molto più facile cantare qualche inno e qualche "Tu scendi  dalle stelle" una volta all'anno, anziché riscoprire la proposta di reinventare il cammino quotidiano centrato sulla domenica, con il suo gioioso ed impegnativo appello a seguire Gesù nella prassi di ogni giorno.
Riscopriamo ciò che è centrale (ma occorre una profonda riflessione biblica e teologica) in attesa di archiviare il natale lasciandolo nelle mani del mercato e dei suoi alleati.


FIBRILLAZIONI NATALIZIE

Il Natale è già in pieno svolgimento. Si stanno provando i canti natalizi e in molte parrocchie c'è addirittura la "novena del santo Natale".
Inni, canti, presepi, messe solenni e a Natale, vuoi per i bambini vuoi per i nonni, si scatenano alcune suggestioni religiose.
Tutto fa brodo: e poi come dimenticare i poveri a Natale? A Natale bisogna essere buoni…
La storia del Natale? Si direbbe che non interessi quasi a nessuno.
Che Gesù sia nato a Nazareth, che le leggende dei Vangeli siano dei miti e non delle cronache, i preti non lo dicono e così la gente si inoltra tra miti, leggende, sentimentalismi vari senza discernimento.
È tanto seducente vedere le luci del presepio accendersi e spegnersi, osservare gli zampognari, la "madonna", gli angeli svolazzanti, il bue e l'asinello, il bambinello di gesso fra freddo e gelo e i pastori che arrivano alla capanna…
È così … la festa di Natale viene a sostituire l'impegnativo cammino quotidiano della fede vissuta. Una festa ogni tanto permette di mantenere l'etichetta cristiana e di sentirsi "buoni cristiani" che festeggiano le feste comandate.
Il vero problema non è nel cancellare i valori veri che la tradizione ci ha trasmesso: una pausa dal lavoro, la convivialità, il riposo, la reciproca accoglienza, la vicinanza solidale ai più deboli e soli…, ma nel situare nel nostro quotidiano la pratica di vita che Gesù ci testimonia.
Il riferimento non è al "Gesù bambino", ma al Gesù storico che è molto concreto e impegnativo.
Se la nostra festa non ci aiuta a "convertirci al messaggio di Gesù nella vita quotidiana", diventa una farsa religiosa. Possiamo viverla, invece, come invito a ripensare ai nostri giorni feriali, alla direzione del nostro viaggio.
Ma c'è un dato dal quale, a mio avviso, non bisogna prescindere.
Se le "feste solenni" non sono riviste alla luce del messaggio biblico e delle ricerche storiche, esse diventano devianti ed illusorie rispetto al cammino di fede.
È la "qualità" cioè la fedeltà al messaggio biblico, che costituisce il criterio discriminante.



IL MITO CHE NASCONDE LA REALTA'

Ormai nelle vetrine e nelle chiese tutto va verso natale, la festa del capitalismo e del sentimentalismo religioso: due consumismi alleati.
Le leggende natalizie e i canti natalizi (la grotta, Betlemme, gli angeli, la "madonna", i pastori…) tutto serve a farci dimenticare che quel bambino ebreo nacque in una famiglia numerosa costruita da Maria e Giuseppe a Nazareth...
Quando nel VI secolo si affermò e si diffuse la festa del "Natale di Gesù", ormai la teologia dogmatica aveva inventato e definito la divinità di Gesù, la verginità di Maria e stava creando una montagna di devozioni dietro le quali le figure storiche della famiglia di Nazareth scomparivano. Natale ormai è la festa del consumo. La sapienza popolare sa trovare e conservare alcuni valori: un po' di riposo, momenti di convivialità familiare e amicale, una pausa dal lavoro.
Ma una fede cristiana adulta non solo si ribella alla ideologia del consumo, ma sta attenta a non fare del Natale la festa centrale di una parrocchia o di una comunità. Per secoli saggiamente i cristiani hanno vissuto senza la festa del Natale perché la loro festa era il trovarsi settimanale per dare spazio alla memoria di Gesù.
A mio avviso, per riscoprire il senso della festa cristiana il natale serve poco o nulla. È la domenica il giorno festoso della lode a Dio nella memoria di Gesù. Nel nostro natale ormai Gesù, il Gesù storico, è scomparso. Parlarne con enfasi ai bambini può diventare una brutta partenza, avviarli su una strada devozionalistica.

Franco Barbero
Ascoltare, ascoltarsi
"Il primo servizio di cui siamo debitori agli altri membri della comunità è di ascoltarli. Come l'inizio del nostro amore per Dio consiste nell'ascoltare la Sua parola, cosi l'inizio dell'amore del prossimo consiste nell'imparare ad ascoltarlo. L'amore di Dio per noi si distingue proprio in questo: che non si limita a parlarci, ma vuole anche ascoltarci.
Imparare ad ascoltare il nostro fratello è dunque fare per lui ciò che Dio ha fatto per noi. Certi cristiani ed in particolare i predicatori, si credono sempre obbligati a "dare qualcosa" quando sono con altri uomini. Dimenticano che ascoltare può essere più utile che parlare. Molte persone cercano un orecchio che li voglia ascoltare e non lo trovano fra i cristiani, perché i cristiani si mettono a parlare proprio quando dovrebbero saper ascoltare. Ma chi non sa più ascoltare il suo fratello finisce per non ascoltare neppure più Dio stesso, salvo parlargli in continuazione. Egli introduce così un germe di morte nella sua vita spirituale e tutto quello che dice finisce per non essere altro che chiacchera religiosa, condiscendenza clericale, valanga di parole pie. Non sapendo più accordare un'attenzione tesa e paziente agli altri, si parlerà loro sempre fuori bersaglio. E ciò senza più rendersene conto.  Chi stima il suo tempo troppo prezioso per poterlo perdere ad ascoltare gli altri, in effetti non avrà mai tempo per Dio e per il prossimo; non ne avrà che per se stesso, per i suoi discorsi e le sue idee personali".

(Dietrich Bonhoeffer, da "L'Eco delle Valli valdesi", n. 18, 6 maggio 1977)
Il vero volto dell'Islam: pace e uguaglianza
"L'Occidente vincerà la battaglia contro il radicalismo islamico soltanto quando si dissocerà dall'Arabia Saudita che esporta questa ideologia violenta. Finora gli Stati Uniti e l'Europa non fanno che discutere di pace, sicurezza e diritti umani, dimenticando di essere complici dei sauditi da cui acquistano petrolio e a cui vendono armi". Esordisce così Ani Zonneveld, fondatrice e presidente di Muslims for Progressive Values, un'associazione di musulmani progressisti con oltre diecimila membri. Vive a Los Angeles dove guida la preghiera del venerdì (per uomini e donne), celebra matrimoni interreligiosi, eterosessuali, omosessuali e persino tra transessuali. Figlia di un diplomatico, Ani Zonneveld è nata 54 anni fa in Malesia, un Paese multiculturale e multireligioso, e ha vissuto in Germania, in Egitto e in India, per poi trasferirsi negli Stati Uniti per frequentare il college e dedicarsi alla musica (ha vinto un Grammy). Personaggio trasgressivo ed eclettico, venerdì 22 settembre sarà ospite di Torino Spiritualità.


I terroristi hanno colpito Barcellona. Perché prendono di mira i luoghi pubblici, affollati?
"I terroristi che hanno colpito Barcellona sono esseri spregevoli, vogliono fare notizia uccidendo degli innocenti. Cercano obiettivi facili: mercati, gelaterie, caffè, dove c'è una dimensione gioiosa. Continueranno a colpire l'Europa, ma il loro modo di agire non ha nulla a che vedere con l'Islam. Il fatto che a essere uccisi siano i civili, degli innocenti, contraddice gli insegnamenti di Maometto secondo cui in tempo di guerra i civili e i credenti (inclusi cristiani ed ebrei) non devono essere presi di mira, è vietato avvelenare le fonti d'acqua e calpestare l'erba destinata al pascolo".



Eppure i terroristi prendono a pretesto le scritture dell'Islam...

"Interpretano il Corano a modo loro, imbastardendolo, e questa loro interpretazione si sta diffondendo come un cancro. In un post sui social media il sospetto Moussa Oukabir ha scritto che "bisogna uccidere gli infedeli e risparmiare soltanto i musulmani praticanti". Affermazioni assurde, perché il termine infedele non sta a indicare il non musulmano quanto colui che nasconde il vero significato di Dio. A mio parere, a essere kafir (chi non crede, ndr) sono questi assassini e i loro imam. Noi musulmani progressisti lavoriamo dal 2004 per sfidare queste interpretazioni dell'Islam radicale".



Vi siete mobilitati anche per i recenti eventi di Charlottesville che hanno messo in primo piano l'estremismo di destra?
"Sì, la nostra associazione si pone come obiettivo contrastare le ideologie radicali sotto la bandiera dell'Islam, ma non percepiamo alcuna differenza tra gli integralisti musulmani e gli estremisti bianchi. Le ideologie non si esauriscono con la distruzione o la rimozione dei monumenti, sarebbe opportuno seguire l'esempio del Sud Africa, dove il Museo dell'Apartheid e the Slave Lodge ricordano gli orrori del passato senza rendergli gloria".


Torniamo in Europa, dove assistiamo al ritorno dei cosiddetti foreign fighters dalla Siria e dall'Iraq. Come si può affrontare il problema?
"È necessario sradicare l'ideologia che anima questi giovani, lavorando con i leader religiosi musulmani affinché questi ragazzi scelgano una strada diversa rispetto al radicalismo. La questione è però dove trovare gli imam in grado di portare avanti questo compito. In ogni caso è un problema che devono risolvere i musulmani stessi, mobilitandosi per sradicare le interpretazioni radicali dei loro testi sacri".



Queste interpretazioni radicali portano con sé una buona dose di misoginia. Secondo lei, perché nei secoli l'Islam è diventato così aggressivo con le donne?

"Non è colpa dell'Islam in sé, quanto di quei musulmani che hanno imbastardito la nostra religione. Mi arrabbio quando penso a tutte le ingiustizie che le donne musulmane hanno dovuto subire, laddove 14 secoli fa la Rivelazione ci aveva permesso di ottenere diritti. Penso a Maria, la madre di Gesù, a cui è dedicato un intero capitolo del Corano e che è tenuta in palmo di mano dai musulmani, segno del valore che l'Islam dà alle donne, ben diverso dall'atteggiamento di quegli uomini che stanno monopolizzando la nostra religione. Nel Ventunesimo secolo, dobbiamo ancora lottare per poter frequentare le scuole, per decidere per noi stesse. Confrontandoci con concetti assurdi come la tutela da parte di un guardiano, le differenze di genere in ambito ereditario, la questione dell'onore".


A proposito dei diritti delle donne nell'Islam, in che cosa consiste la vostra iniziativa #ImamsForShe?
"Lavoriamo con gli imam di sesso maschile, con gli studiosi e le studiose delle scritture dell'Islam, con tutti coloro che promuovono i diritti delle donne e delle bambine. Nel nostro programma ci sono workshop, campi sportivi per le ragazzine in cui teniamo anche corsi sulle interpretazioni liberali dell'Islam per dare a queste giovani gli strumenti per rispondere — con le armi della religione — alle imposizioni e difendere i propri diritti. Sarebbe bello se aderisse anche Malala (attivista pachistana vincitrice del Nobel per la pace, ndr)".

Ani Zonneveld: imam donna (19/8/17)
Donne in trappola, dal patriarcato al neo-matriarcato
Il mito della maternità perfetta nuoce gravemente alle mamme. Perché le illude di essere onnipotenti e poi le lascia frustrate e deluse.
A dirlo e Margaret Nichols, una quarantenne di New York. Insegnante di meditazione e da sempre sostenitrice del parto acquatico in casa. Nel corso di una lunga intervista uscita su Time della scorsa settimana, Margaret ha confessato a Claire Howorth di essersi dovuta amaramente ricredere, dopo aver affrontato la sua prima gravidanza. Alla trentesima ora di travaglio dolorosissimo, immersa in acqua a temperatura corporea, ha realizzato improvvisamente di essere vittima di un'ideologia romantica quanto perversa.
Di un misto di mammismo e naturismo per cui il corpo della donna sarebbe un congegno perfetto, fatto apposta per procreare. Per allattare al seno. Per sviluppare gli anticorpi del pargolo. Per dispensare cure h24. Ma quale onnipotenza? - dice Nichols incazzatissima - il parto è il momento di massima fragilità per le donne. Che dietro quella cortina rosea e melensa, sperimentano solitudine, paura, inadeguatezza.
E soprattutto senso di colpa, perché non si sentono all'altezza di quel mito che ha preso possesso della loro anima e che idealizza il loro corpo. Così, se non hanno latte sufficiente o nutriente, si sentono fallite. Se ricorrono al cesareo si sentono sconfitte. Perché non hanno creduto abbastanza nel loro corpo. Insomma una serie di idiozie, spesso condivise e diffuse anche da medici, influencer e sedicenti esperti. Risultato. Le donne si sono giustamente liberate dal patriarcato. Ma purtroppo molte di loro sono cadute nella trappola del neo-matriarcato. Che le esalta come dee-madri, ma non riconosce loro il diritto di essere semplicemente se stesse.

Marino Niola

(da "Il Venerdì di Repubblica")
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