domenica 10 dicembre 2017

Così il Papa ringrazia chi sta accogliendo i Rohingya in fuga

DACCA, BANGLADESH. Una cappa di smog accoglie l'aereo di Francesco in arrivo a Dacca, capitale del Bangladesh, seconda e ultima tappa del viaggio asiatico.
Sovrappopolazione e inquinamento, tuttavia, non sono gli unici problemi del Paese. Ci sono le ferite del fondamentalismo religioso e le sofferenze delle minoranze etniche costrette a sfollare in Bangladesh dall'ex Birmania.
Francesco, davanti alle autorità politiche, le ricorda a dovere. E anche se ancora preferisce non citare i Rohingya, la minoranza islamica che vive nei campi profughi a ridosso dei confini, osa fare un passo in avanti rispetto ai discorsi pronunciati a Rangoon e Nay pyi daw. Qui, infatti, in un Paese a maggioranza islamica, elogia, lo «spirito di generosità» e lo «slancio umanitario» con il quale il Bangladesh si è speso «a favore dei rifugiati affluiti in massa dallo Stato di Rakhine» e, insieme, chiede che «la comunità internazionale attui misure efficaci nei confronti di questa grave crisi». Francesco ricorda l'attentato jihadista del 2016 quando morirono 20 persone e ringrazia per come le autorità hanno condannato la strumentalizzazione del nome di Dio per giustificare il terrorismo.
Il presidente del Bangladesh, Abdul Hamid, ringrazia Bergoglio, per «la posizione che ha preso in favore dei Rohingya».
Una vicinanza, quella di Francesco, visibile oggi, quando incontrerà un gruppo di Rohingya in un incontro interreligioso.
Paolo Rodari

(la Repubblica 1 dicembre)