Dogmi: Gesù diventa Dio
"I cristiani sono stati educati, in generale, nella credenza che Gesù abbia fondato, di proposito, la Chiesa. E siccome la Chiesa è assistita da Gesù, che è Dio, si trova così ben spalleggiata da non avere problemi nel proprio sviluppo storico. Ancora una volta, però, stiamo manipolando il mito di Gesù, e lo stiamo «oggettivando». È questo precisamente che crea e continua a creare seri problemi alla Chiesa e agli stessi credenti, senza che ci sia bisogno di tirare in ballo i miscredenti.
La storia della divinità di Cristo si deve in buona misura a una decisione politica. Nella Chiesa primitiva non è chiaro se Gesù sia figlio di Dio o il figlio di Dio, e su di lui ci sono diverse opinioni e credenze. I Vangeli non chiariscono la questione, dal momento che procedono da differenti tradizioni e interpretazioni, in contrasto fra loro.
La dottrina di Ario (secolo IV), che afferma non doversi prendere alla lettera la sua divinità, sembra essere all'inizio quella più accettata e più popolare. Con l'arrivo però di Costantino le cose cominciano a cambiare, essendo egli interessato a che l'unità della fede della Chiesa costituisca anche la base dell'unità del suo impero. Niente di meglio per questo che invocare e difendere la divinità di Gesù che, oltre a dare unità alla Chiesa e all'impero, permette di contare sul sostegno e il favore della sua divinità. Egli stesso s'incarica di convocare, presiedere e dirigere il concilio di Nicea (anno 325), in cui è definita la divinità di Cristo, nonostante la maggioranza dei vescovi presenti fossero, all'inizio, ariani. Sotto la pressione o il ricatto dell'imperatore, i vescovi di Nicea proclamano la divinità di Cristo. Grazie alla Chiesa, che rappresenta la religione ufficiale dello Stato, l'Impero godrà della provvidenza e della protezione di Dio. Sarà così che l'Impero raggiungerà tempi gloriosi.
Nello stesso tempo, questa decisione conciliare ha dato luogo a un precedente storico, cioè all'origine e all'avvio dei cosiddetti concili ecumenici, in cui si definivano le verità di fede che la Chiesa avrebbe poi imposto ai credenti. Ed è lì che nasce storicamente il profondo e sottile problema delle verità dogmatiche, dei dogmi e dell'ortodossia pura. Oggi sappiamo che la verità è storicamente condizionata, soggetta alle congiunture del tempo, dello spazio e delle persone che si sforzano di conoscerla. La verità assoluta non esiste e pertanto nessuno è né può essere in possesso della verità, che è sempre relativa, parziale e frammentaria: «La nostra conoscenza è imperfetta» (I Cor l3,9). E non parliamo poi di Dio. Le verità sono, dunque, frammentarie e complementari, e di conseguenza nessuna di esse esaurisce o può esaurire tutta la verità, come fosse la verità totale. La verità «scorre», come tutte le cose (Eraclito). Del resto, ciò che non scorre ristagna e si corrompe.
Indubbiamente, a partire da Costantino le cose non saranno e non s'intenderanno più così. La definizione dogmatica di Nicea sarà definitiva. Il dogma avrebbe schivato la storia, si sarebbe imposto alla storia e avrebbe inventato una propria storia. Nicea apriva alla Chiesa la marcia «dogmatica» verso il futuro e le offriva il metodo tagliato su misura per interpretare la Scrittura. Da allora sarebbe diventato normale interpretare la Bibbia a partire dal dogma, e non il contrario, come impongono i canoni della logica. In questo modo Nicea annulla il mito dell'inesauribile ricchezza della fede, poiché questa finisce sempre col tradursi in catechismi, confessioni, Credo e teologie astratte soggette alla dittatura della religione cristiana, che ha risposte prêt-à-porter per tutto. Nasce in questo modo anche la politica della religione e la religione della politica.
Con l'idea del dogma e dell'ortodossia si dà pascolo alla convinzione che «la» verità può essere soltanto una e che, pertanto, bisogna imporla a tutti, se necessario anche con la forza. L'unità della Chiesa e dell'Impero che vanno insieme, e al di sopra di tutto. Per questo non ci dobbiamo stupire se, immediatamente dopo Nicea, gli imperatori cominciano a distruggere senza remore libri, edifici e in generale la cultura non solo dei pagani, ma anche dei cristiani «eterodossi». Il vandalismo toglieva di mezzo tutto ciò che si opponeva o s'interponeva alla buona marcia della religione cristiana. La Chiesa, come l'Impero, non accetta che altre religioni le facciano concorrenza nell'esercizio del dominio e del potere. Questo atteggiamento si conferma e rafforza con l'imperatore Teodosio. Il fascismo degli imperatori si vede aureolato dal motto: «un Dio, un impero, una religione».
Che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con Gesù di Nazareth è inutile dirlo.".
Lorenzo Salas, teologo cattolico (Una fede incredibile nel XXI secolo, Massari Editore)
"I cristiani sono stati educati, in generale, nella credenza che Gesù abbia fondato, di proposito, la Chiesa. E siccome la Chiesa è assistita da Gesù, che è Dio, si trova così ben spalleggiata da non avere problemi nel proprio sviluppo storico. Ancora una volta, però, stiamo manipolando il mito di Gesù, e lo stiamo «oggettivando». È questo precisamente che crea e continua a creare seri problemi alla Chiesa e agli stessi credenti, senza che ci sia bisogno di tirare in ballo i miscredenti.
La storia della divinità di Cristo si deve in buona misura a una decisione politica. Nella Chiesa primitiva non è chiaro se Gesù sia figlio di Dio o il figlio di Dio, e su di lui ci sono diverse opinioni e credenze. I Vangeli non chiariscono la questione, dal momento che procedono da differenti tradizioni e interpretazioni, in contrasto fra loro.
La dottrina di Ario (secolo IV), che afferma non doversi prendere alla lettera la sua divinità, sembra essere all'inizio quella più accettata e più popolare. Con l'arrivo però di Costantino le cose cominciano a cambiare, essendo egli interessato a che l'unità della fede della Chiesa costituisca anche la base dell'unità del suo impero. Niente di meglio per questo che invocare e difendere la divinità di Gesù che, oltre a dare unità alla Chiesa e all'impero, permette di contare sul sostegno e il favore della sua divinità. Egli stesso s'incarica di convocare, presiedere e dirigere il concilio di Nicea (anno 325), in cui è definita la divinità di Cristo, nonostante la maggioranza dei vescovi presenti fossero, all'inizio, ariani. Sotto la pressione o il ricatto dell'imperatore, i vescovi di Nicea proclamano la divinità di Cristo. Grazie alla Chiesa, che rappresenta la religione ufficiale dello Stato, l'Impero godrà della provvidenza e della protezione di Dio. Sarà così che l'Impero raggiungerà tempi gloriosi.
Nello stesso tempo, questa decisione conciliare ha dato luogo a un precedente storico, cioè all'origine e all'avvio dei cosiddetti concili ecumenici, in cui si definivano le verità di fede che la Chiesa avrebbe poi imposto ai credenti. Ed è lì che nasce storicamente il profondo e sottile problema delle verità dogmatiche, dei dogmi e dell'ortodossia pura. Oggi sappiamo che la verità è storicamente condizionata, soggetta alle congiunture del tempo, dello spazio e delle persone che si sforzano di conoscerla. La verità assoluta non esiste e pertanto nessuno è né può essere in possesso della verità, che è sempre relativa, parziale e frammentaria: «La nostra conoscenza è imperfetta» (I Cor l3,9). E non parliamo poi di Dio. Le verità sono, dunque, frammentarie e complementari, e di conseguenza nessuna di esse esaurisce o può esaurire tutta la verità, come fosse la verità totale. La verità «scorre», come tutte le cose (Eraclito). Del resto, ciò che non scorre ristagna e si corrompe.
Indubbiamente, a partire da Costantino le cose non saranno e non s'intenderanno più così. La definizione dogmatica di Nicea sarà definitiva. Il dogma avrebbe schivato la storia, si sarebbe imposto alla storia e avrebbe inventato una propria storia. Nicea apriva alla Chiesa la marcia «dogmatica» verso il futuro e le offriva il metodo tagliato su misura per interpretare la Scrittura. Da allora sarebbe diventato normale interpretare la Bibbia a partire dal dogma, e non il contrario, come impongono i canoni della logica. In questo modo Nicea annulla il mito dell'inesauribile ricchezza della fede, poiché questa finisce sempre col tradursi in catechismi, confessioni, Credo e teologie astratte soggette alla dittatura della religione cristiana, che ha risposte prêt-à-porter per tutto. Nasce in questo modo anche la politica della religione e la religione della politica.
Con l'idea del dogma e dell'ortodossia si dà pascolo alla convinzione che «la» verità può essere soltanto una e che, pertanto, bisogna imporla a tutti, se necessario anche con la forza. L'unità della Chiesa e dell'Impero che vanno insieme, e al di sopra di tutto. Per questo non ci dobbiamo stupire se, immediatamente dopo Nicea, gli imperatori cominciano a distruggere senza remore libri, edifici e in generale la cultura non solo dei pagani, ma anche dei cristiani «eterodossi». Il vandalismo toglieva di mezzo tutto ciò che si opponeva o s'interponeva alla buona marcia della religione cristiana. La Chiesa, come l'Impero, non accetta che altre religioni le facciano concorrenza nell'esercizio del dominio e del potere. Questo atteggiamento si conferma e rafforza con l'imperatore Teodosio. Il fascismo degli imperatori si vede aureolato dal motto: «un Dio, un impero, una religione».
Che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con Gesù di Nazareth è inutile dirlo.".
Lorenzo Salas, teologo cattolico (Una fede incredibile nel XXI secolo, Massari Editore)