sabato 17 marzo 2018

Dogmi: Gesù diventa Dio

 "I cristiani sono stati educati, in generale, nella credenza che Gesù abbia fondato, di proposito, la Chiesa. E siccome la Chiesa è assistita da Gesù, che è Dio, si trova così ben spalleggiata da non avere problemi nel proprio sviluppo storico. Ancora una volta, però, stiamo manipolando il mito di Gesù, e lo stiamo «oggettivando». È questo precisamente che crea e continua a creare seri problemi alla Chiesa e agli stessi credenti, senza che ci sia bisogno di tirare in ballo i miscredenti.
La storia della divinità di Cristo si deve in buona misura a una decisione politica. Nella Chiesa primitiva non è chiaro se Gesù sia figlio di Dio o il figlio di Dio, e su di lui ci sono diverse opinioni e credenze. I Vangeli non chiariscono la questione, dal momento che procedono da differenti tradizioni e interpretazioni, in contrasto fra loro.
La dottrina di Ario (secolo IV), che afferma non doversi prendere alla lettera la sua divinità, sembra essere all'inizio quella più accettata e più popolare. Con l'arrivo però di Costantino le cose cominciano a cambiare, essendo egli interessato a che l'unità della fede della Chiesa costituisca anche la base dell'unità del suo impero. Niente di meglio per questo che invocare e difendere la divinità di Gesù che, oltre a dare unità alla Chiesa e all'impero, permette di contare sul sostegno e il favore della sua divinità. Egli stesso s'incarica di convocare, presiedere e dirigere il concilio di Nicea (anno 325), in cui è definita la divinità di Cristo, nonostante la maggioranza dei vescovi presenti fossero, all'inizio, ariani. Sotto la pressione o il ricatto dell'imperatore, i vescovi di Nicea proclamano la divinità di Cristo. Grazie alla Chiesa, che rappresenta la religione ufficiale dello Stato, l'Impero godrà della provvidenza e della protezione di Dio. Sarà così che l'Impero raggiungerà tempi gloriosi.
Nello stesso tempo, questa decisione conciliare ha dato luogo a un precedente storico, cioè all'origine e all'avvio dei cosiddetti concili ecumenici, in cui si definivano le verità di fede che la Chiesa avrebbe poi imposto ai credenti. Ed è lì che nasce storicamente il profondo e sottile problema delle verità dogmatiche, dei dogmi e dell'ortodossia pura. Oggi sappiamo che la verità è storicamente condizionata, soggetta alle congiunture del tempo, dello spazio e delle persone che si sforzano di conoscerla. La verità assoluta non esiste e pertanto nessuno è né può essere in possesso della verità, che è sempre relativa, parziale e frammentaria: «La nostra conoscenza è imperfetta» (I Cor l3,9). E non parliamo poi di Dio. Le verità sono, dunque, frammentarie e complementari, e di conseguenza nessuna di esse esaurisce o può esaurire tutta la verità, come fosse la verità totale. La verità «scorre», come tutte le cose (Eraclito). Del resto, ciò che non scorre ristagna e si corrompe.
Indubbiamente, a partire da Costantino le cose non saranno e non s'intenderanno più così. La definizione dogmatica di Nicea sarà definitiva. Il dogma avrebbe schivato la storia, si sarebbe imposto alla storia e avrebbe inventato una propria storia. Nicea apriva alla Chiesa la marcia «dogmatica» verso il futuro e le offriva il metodo tagliato su misura per interpretare la Scrittura. Da allora sarebbe diventato normale interpretare la Bibbia a partire dal dogma, e non il contrario, come impongono i canoni della logica. In questo modo Nicea annulla il mito dell'inesauribile ricchezza della fede, poiché questa finisce sempre col tradursi in catechismi, confessioni, Credo e teologie astratte soggette alla dittatura della religione cristiana, che ha risposte prêt-à-porter per tutto. Nasce in questo modo anche la politica della religione e la religione della politica.
Con l'idea del dogma e dell'ortodossia si dà pascolo alla convinzione che «la» verità può essere soltanto una e che, pertanto, bisogna imporla a tutti, se necessario anche con la forza. L'unità della Chiesa e dell'Impero che vanno insieme, e al di sopra di tutto. Per questo non ci dobbiamo stupire se, immediatamente dopo Nicea, gli imperatori cominciano a distruggere senza remore libri, edifici e in generale la cultura non solo dei pagani, ma anche dei cristiani «eterodossi». Il vandalismo toglieva di mezzo tutto ciò che si opponeva o s'interponeva alla buona marcia della religione cristiana. La Chiesa, come l'Impero, non accetta che altre religioni le facciano concorrenza nell'esercizio del dominio e del potere. Questo atteggiamento si conferma e rafforza con l'imperatore Teodosio. Il fascismo degli imperatori si vede aureolato dal motto: «un Dio, un impero, una religione».
Che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con Gesù di Nazareth è inutile dirlo.".

Lorenzo Salas, teologo cattolico (Una fede incredibile nel XXI secolo, Massari Editore)