domenica 18 marzo 2018

UN AIUTO PER RICORDARE

Corso Biblico. Torino, 09.03.2018.
II libro di Samuele.
(Appunti presi durante la conferenza di don Franco Barbero).

La sezione che va dal capitolo 2 al capitolo 8 (ma per l'esegesi più recente si estende fino al capitolo 12) tratta dell'ascesa di Davide al trono e dell'inizio del suo regno. E' una narrazione di alti e bassi, di vittorie e di miserie di Israele e di David, il grande re di cui non si nascondono le manchevolezze. Viene da ricordare a proposito di questa parte della Bibbia l'ammonimento del grande esegeta Erich Zengler in “Il primo testamento”, ed. Queriniana, a non cercare nei vari libri della Bibbia un centro, come spesso in ambiente cristiano si usa fare; al contrario, per gli Ebrei Dio solo è il centro. Nessuno è al centro della Scrittura (nemmeno Gesù) e per non travisare il messaggio biblico occorre evitare la ricerca di un centro, perchè la Bibbia propone non un centro attorno al quale girare, ma un cammino da percorrere, attraverso panorami differenti, momenti sublimi e momenti di grande degrado morale, così come si presenta la vita umana. Si tratta di un profondo insegnamento culturale e teologico.
Al capitolo 2 Davide viene unto re della casa di Davide da parte degli anziani della tribù (e non da un sacerdote, come avvenne per Saul): la sua ascesa è limitata alla sua tribù e non a tutto il popolo di Israele. Ma subito sorgono contrasti interni: Abner, capo dell'esercito di Saul si oppone a Davide e costituisce re di Israele Is-Baal, uno dei figli di Saul; tra le due parti sorge un conflitto cruento che occupa i capitoli da 2 a 4. Riecheggiano qui le antiche contese tribali dove i capi tribù (che qui vengono pomposamente chiamati “re” si fronteggiano per la conquista di un lembo di preziosa terra in battaglie sanguinose, dove non c'è pietà per gli sconfitti (si veda la descrizione della battaglia di Gabaon, 2, 12 – 32), dove si susseguono i tradimenti (Abner prima tradisce Davide (2, 8-10), poi entra in conflitto con Is-Baal (3, 6-11) e passa dalla parte di Davide) e le vendette (come l'assassinio di Is-Baal descritto al capitolo 4).
Alcuni esegeti come Alessandro Sacchi, si chiedono come è possibile che la monarchia di Israele sia stata benedetta da Dio pur essendo sorta su una storia di nefandezze come quella qui descritta. Oppure ci si può chiedere per quale motivo i misfatti avvenuti, dei quali non è esente neppure Davide, non siano stati censurati dal redattore del libro. La redazione finale del testo è stata fatta infatti in un tempo di molto posteriore a quello in cui sono avvenuti i fatti descritti, in periodo post esilico, quando la monarchia era già da tempo caduta ed era chiaro il suo fallimento.
Il messaggio che il redattore vuole trasmettere è che la benedizione di Dio non viene mai meno nonostante il putridume delle cose umane. Si potrebbe dire che la benedizione divina passa attraverso la graticola degli errori degli uomini. Gli autori non hanno voluto nascondere nemmeno le peggiori atrocità per conservare la memoria storica ad ammonimento delle generazioni future.
Anche il grande re Davide si è macchiato di infamie (come si vedrà soprattutto nel successivo episodio dell'uccisione di Uria per impadronirsi della moglie Betsabea). Né mancano momenti in cui Davide usa il nome di Dio per propri interessi, come quando lancia la maledizione contro Ioab che aveva ucciso per vendetta il capo dell'esercito Abner (3,29). Questa è una delle tante manipolazioni di Dio fatte ad uso del potere umano, una trasgressione del comandamento di non nominare il nome di Dio invano.
L'assassinio di Is Baal, il rivale di Davide, descritto nel capitolo 4 apre la possibilità per Davide di diventare re di tutto Israele: ancora una volta l'ascesa al potere richiede l'eliminazione del nemico.
Nel capitolo 5 si descrive l'investitura di Davide, avvenuta anche questa volta dal basso, attraverso l'intervento degli anziani di Israele (5,3). Davide viene unto re ad Ebron, ma successivamente trasferisce la sua residenza a Gerusalemme. Questo trasferimento comporta lo scontro con nuovi nemici, prima i Gebusei e poi i Filistei, ai quali Israele contende la terra. I Gebusei respingono Davide utilizzando un proverbio del luogo: “i ciechi e gli zoppi ti respingeranno” per indicare che tutto il popolo, anche le persone più insignificanti, sarà concorde a respingere l'intrusione nemica. I ciechi e gli zoppi erano al tempo considerati sospetti a causa della loro infermità, e perciò emarginati dalla società. Davide stermina prima i Gebusei e poi i Filistei. Vengono usate espressioni come “Davide andava sempre più crescendo in potenza e il Signore, Dio degli eserciti, era con lui” (5,10) o la voce del Signore che dice a Davide: “certamente metterò i Filistei nelle tue mani” (5, 19) che verranno usate nelle crociate per giustificare la conquista violenta dei luoghi sacri.
Il capitolo 6 narra il trasferimento dell'Arca a Gerusalemme, ormai denominata “città di Davide” con particolari per noi sconcertanti, come la morte di Uzzà, colpevole di aver toccato l'arca, violando il divieto divino, anche se il motivo del suo gesto era di voler evitare che l'Arca cadesse al vacillare del convoglio (6, 6-7). La sacralità dell'Arca, che comporta la sua intoccabilità, deriva dal fatto che l'Arca, luogo della presenza del Signore, condensa anche tutta la memoria del popolo di Israele, memoria del passato che deve essere rispettata e non va in nessun modo manomessa; da ciò la maledizione per quelli che osano manipolarla. Va notato come, a seguito dell'episodio, Davide abbia paura del Signore (6,9). La cerimonia del trasporto dell'Arca viene descritta anche dal primo libro delle Cronache (15, 25 – 29); il ripetersi dei medesimi fatti è frequente nei libri storici e deriva dal fatto che le notizie venivano tratte dagli annali di corte che erano tenuti dai vari regni, ciascuno dei quali ha conservato le sue memorie, secondo il proprio punto di vista.
Al capitolo 7 il clima si fa più disteso: il re si è stabilito nella sua casa e il Signore gli dà “riposo da tutti i suoi nemici all'intorno”(7, 1). Ma sorge il problema della casa del Signore, che abita in una tenda mentre il re in una lussuosa abitazione di cedro. Davide esprime il desiderio di costruire una casa degna per il Signore. Ma con una risposta di alto valore teologico il Signore obietta di non avere bisogno di una casa e ribalta la domanda: sarà lui che costruirà una casa per il re e per Israele. E' un severo monito a non voler imbalsamare Dio in un luogo o in una categoria come se fosse umano. La risposta di Dio conferma la benedizione su Davide e sul popolo eletto (7, 8 – 17) con espressioni di grande tenerezza e promette pace e prosperità permanenti. Purtroppo queste espressioni si prestano ad essere interpretate in modo fondamentalista e così lo sono state e lo sono tuttora. Quando la benedizione diventa privilegio l'elezione viene intesa non come una chiamata alla responsabilità, ma in modo esclusivista, si travisa il messaggio biblico autentico, che va invece inteso in senso universalistico: la terra è benedizione di Dio per tutti gli uomini e non privilegio di una religione; il compito di conservare e salvare il creato è di tutti, va oltre tutte le religioni. Un esempio chiaro di atteggiamento universalistico e non esclusivista verso il creato è il Cantico delle creature di San Francesco che è un appello alla cura del creato ed alla responsabilità al di là di ogni appartenenza religiosa.
Nel capitolo 8 ritorna il clima violento dei conflitti e delle guerre combattute da Davide contro vari nemici, ma al capitolo 9 riappare il volto misericordioso di Davide, che accoglie alla sua mensa e beneficia un israelita zoppo di entrambi i piedi e quindi un reietto della società di allora. Questa alternanza di crudeltà e e di tenerezza, di spietatezza e di misericordia rispecchia l'intenzione del redattore di non nascondere gli aspetti oscuri della realtà umana ed i limiti della monarchia. I commentatori più avvertiti, come ad esempio il Von Rad, sostengono che in queste narrazioni vi è una “intrusione profetica” che si affianca alla celebrazione della regalità con richiami alla fedeltà ed alla responsabilità. Questi richiami profetici, che si ispirano agli ammonimento dei grandi profeti come Isaia e Geremia, sono mescolati alla descrizione impietosa dei tradimenti e delle infedeltà umane e costituiscono il messaggio autentico della Scrittura, ma non sono sempre evidenti e vanno ricercate con una lettura attenta e non superficiale. Guido Allice