lunedì 21 maggio 2018

SEMPRE PIÙ FLORIDO IL COMMERCIO DELLE ARMI.
LE INGHIOTTE IL MEDIO ORIENTE

ROMA-ADISTA. A livello globale, l'ultimo rapporto del Sipri di Stoccolma (Istituto internazionale di ricerche sulla pace) segnala che il mercato mondiale delle armi, nel periodo 2013-2017, ha fatto segnare un aumento del 10 per cento rispetto al quinquennio 2008-2012. Leader della classifica dei produttori-esportatori di armi sono sempre gli Stati Uniti, che controllano il 34 per cento del mercato globale dei sistemi d'arma (escluse piccole armi e munizioni) e vendono soprattutto ad Arabia Saudita (18% dell'export Usa), Emirati Arabi (7%) e Australia (6,7%). Piazza d'onore per la Russia (22%), seguita a considerevole distanza da Francia (6,7%), Germania e Cina (5,7%). L'Italia è al nono posto (2,5%) ed ha fra i suoi principali clienti Emirati Arabi Uniti, Turchia e Algeria.
«Crescono le spese militari, cresce il volume dei trasferimenti e cresce il fatturato delle aziende militari», spiega Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il disarmo. «Tutti questi indicatori - prosegue - sono collegati tra di loro e ci indicano chiaramente un trend: il mondo si arma sempre di più. E i principali mercati di destinazione sono i Paesi nelle aree più calde del mondo».
In particolare il Medio Oriente, dove negli ultimi anni è stata registrata (dal Sipri) un aumento nella vendita di armi del 103 per cento. Come testimonia anche la denuncia dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia (Opal) secondo cui la Beretta ha appena firmato un accordo con Barzan Holdings, società appositamente creata e controllata dal ministero della Difesa del Qatar. «Un fatto inedito estremamente preoccupante in considerazione delle violazioni dei diritti umani nel Paese mediorientale, della tipologia di armi che verranno prodotte, riguardo agli utilizzatori delle medesime e, soprattutto, per il controllo delle esportazioni di armi e le effettive possibilità di prevenire la loro diversione verso il mercato illecito in particolare verso i gruppi terroristici», afferma Opal. Secondo fonti di stampa, l'accordo prevede che Beretta Holding detenga una quota di minoranza nella joint venture, denominata Bindig, per la costruzione a Doha di un nuovo impianto produttivo finalizzato alla produzione di armi portatili (pistole e fucili) dove, in futuro, sarà possibile sviluppare nuovi sistemi d'arma grazie anche alle conoscenze e trasferimenti tecnologici del gruppo Beretta.
«Il Quatar - denuncia Opal- è di fatto una monarchia assoluta: non è permessa la costituzione di partiti politici; permangono forti restrizioni ai diritti alla libertà d'espressione, associazione e riunione pacifica e numerose discriminazioni legislative nei confronti delle donne; il sistema giudiziario è amministrato secondo la legge islamica della Shari'a, viene praticata la tortura e vige la pena di morte. In questo contesto, la licenza per produzione di armi rappresenta un evidente sostegno alle politiche repressive della monarchia: non a caso l'Italia, finora, non ha mai autorizzato l'esportazione di armi per l'utilizzo da parte delle forze armate e di sicurezza del Qatar».
Inoltre il Qatar non ha firmato il Trattato Onu sul commercio di armi (Att), che ha stabilito criteri rigorosi per regolamentare i trasferimenti leciti di armi, per prevenire esportazioni di armi che possono minacciare la sicurezza comune e, soprattutto, per cercare «di prevenire la loro diversione verso il mercato illecito e per finalità ed impieghi finali non autorizzati, tra cui la commissione di atti terroristici». Pertanto Opal chiede al ministro degli Esteri Alfano e alla ministra della Difesa Pinotti (entrambi ancora formalmente in carica fino alla composizione del nuovo governo) «di rendere note le garanzie ricevute della Fabbrica d'Armi Pietro Beretta per evitare i rischi sopracitati: tali garanzie sono infatti necessarie al fine del rilascio di autorizzazioni alle aziende produttrici di armi e di sistemi militari anche nel caso di "cessione di licenze di produzione e la de-localizzazione produttiva". Ai sensi della Legge 185 del 1990, tutte le autorizzazioni all'esportazione o alla produzione all'estero di armi e materiali militari "devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia" e "tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"».
Luca Kocci  

(Adista 7 aprile 2018)