mercoledì 27 marzo 2024

"LE NAVI DELLA MORTE" PROTESTE DEI PORTUALI GENOVESI

 Ennesima denuncia dei portuali genovesi: dalle navi della morte protette dalla Digos mezzi armati Usa diretti a Camp Darby

24.03.24 - Pressenza

Nella lunga vicenda delle “navi della morte”, le navi saudite della compagnia Bahri, c’è un nuovo inquietante capitolo: la Bahri Abha in questo momento in porto a Genova, ha scaricato una decina di mezzi militari che non sono destinati a ripartire. Si tratta probabilmente Oshkosh L-ATV (la sigla sta per Light Combat Tactical All-Terrain Vehicle), il veicolo 4×4 tattico leggero dell’esercito americano che in parte sta sostituendo gli HMMWV.
È la prima volta che questi arsenali galleggianti portano armi nel nostro Paese. Lo fanno come una routine commerciale, evidentemente c’è una “domanda” nuova a cui rispondere. Infatti i mezzi scaricati sono destinati alla base americana di Camp Darby.
Su Camp Darby molto è stato detto e scritto, ma va sottolineata la sua incostituzionalità di fatto e di principio. A detta delle stesse autorità USA, è il più grande deposito di materiale bellico al di fuori degli Stati Uniti, che occupa ben 2.000 ettari nella pineta tra Pisa e Livorno. Ha origine da un accordo segreto Italia-Stati Uniti firmato nel 1951. Aveva un carattere temporaneo (quarant’anni), in seguito divenuto permanente. È formalmente una base italiana con un comandante italiano, ma di fatto è il fulcro del dispositivo militare USA nell’Europa meridionale. Ha servito di supporto a tutte le guerre condotte dagli Stati Uniti negli ultimi decenni, in particolare per le spedizioni militari nei Balcani e in Medio Oriente. Quindi è una base militare “italiana” che è servita e serve a condurre guerre, in aperta contraddizione con l’articolo 11 («L’Italia ripudia la guerra» ecc.) e l’articolo 87 («il presidente della Repubblica dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere») della Costituzione.
Questo passaggio della Bahri Abha che consegna armi alle basi militari USA sul territorio italiano è un altro passo della militarizzazione globale. Infatti sinora nella catena logistica militare che rifornisce le installazioni militari USA in Europa sono state impiegate solo navi con bandiera USA, come quelle che toccano regolarmente il porto di Livorno. L’impiego anche della flotta Bahri, sotto bandiera saudita, nella logistica militare USA sancisce che l’alleanza di interessi tra gli Stati Uniti e la monarchia di Riyad è ormai un’alleanza militare attiva, non più una mera fornitura di materiale per la difesa, il che si constata anche nel Mar Rosso occupato dalle cannoniere occidentali in funzione anti-Houthi.
Com’è noto, gli alleati dei nostri alleati diventano nostri alleati. È stato il caso di Israele, con cui i governi italiani hanno stretto patti militari importanti, anch’essi rimasti largamente segreti ed è ora il caso della sanguinaria e per nulla democratica monarchia assoluta araba saudita. Del resto resto i portuali genovesi del Calp lo stanno provando direttamente da anni sulla propria pelle: ogni arrivo delle navi Bahri in porto è preceduto e accompagnato da un incredibile spiegamento di forze di polizia dentro l’area portuale, anche dove normalmente operano i mezzi e i portuali, costretti a lavorare sotto gli occhi della DIGOS senza che questa circostanza sia ufficialmente e pubblicamente motivata.
Quello che è un transito di armamenti in violazione di leggi nazionali e trattati internazionali è da tempo presentato come prioritario interesse per la sicurezza del nostro Paese. È invece un altro tassello della pratica partecipazione dell’Italia alle guerre in corso e, temiamo, a quelle che si stanno preparando.

The Weapon WATCH – Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei 

ESSERE AMATO

 Hai ottenuto quello che volevi da questa vita nonostante tutto?

  • Sì. E che cosa volevi?

  • Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra.

Raymond Carver

ASSANGE, L'STRADIZIONE E' SOSPESA. LONDRA CHIEDE GARANZIE AGLI USA

 Washington dovrà escludere il rischio di pena di morte per il fondatore di Wikileaks.

LE TAPPE

L'arresto:

Julian Assange viene arrestato ad aprile 2019 nell'ambasciata ecuadoriana di Londra per aver violato le condizioni della libertà vigilata nel 2012

L'accusa:

Il governo Usa a maggio 2019 imputa Assange per 18 reati per aver pubblicato documenti riservati su Wikileaks e ne chiede l'estradizione.

La svolta:

A giugno del 2022 Londra ordina l'estradizione negli Usa di Assange, che fa appello. Ora i giudici chiedono nuove garanzie agli Usa

da “La Repubblica del 27-03-2024 dal corrispondente Antonello Guerrera”



DICIAMO LA VERITA'

 I poveri si curano sempre di meno. Siccome trionfa la sanità privata, sono i soldi che danno o tolgono, se non ci sono, la possibilità di prendersi cura delle proprie malattie e sofferenze. L'attuale sistema politico ha promosso una sanità privata che privilegia chi è economicamente garantito. Ecco il crimine quotidiano di questo governo fascista. Questo modo di vivere diventa per molte persone un continuo trascurare le proprie sofferenze e le proprie malattie. E' gravissimo il fatto che una donna o un uomo, diventati consapevoli di un male fisico o psicologico, non possano accedere ai luoghi della cura. Questo crea una diseguaglianza e una disparità totale per i più deboli della società, soprattutto per i più poveri.

Franco Barbero


CHE COSA VEDI GEREMIA?

 O Dio,

che  sei primavera eterna

e sole sempre giovane,

io vedo il ramo di mandorlo,

un mandorlo in fiore...

e vedo anche la caldaia bollente,

un pentolone di sciagure

che mette a rischio la vita

delle Tue creature.

Ecco, o Dio, la nostra vita

davanti a Te

in quest'ora difficile

in cui sembra, come ai tempi di Geremia,

prevalere l'arroganza dei potenti

ricchi di denaro, di parola e di bombe.

Ma io conto su di Te, Dio della vita.

No: non c'e solo l'oppressione

che uccide o illude:

quanti mandorli Tu fai fiorire 

nelle vie del mondo...

Come il profeta Geremia,

i miei occhi vedono il mandorlo in fiore,

e ne sentono il profumo.

O Dio, Ti ringrazio

per tutti i rami di mandorlo che mi hai fatto incontrare,

per tutti i ramoscelli fioriti

che mi hai fatto vedere.

Quanti segni, quanti incontri,

quanti "miracoli" sul mio cammino,

quante persone, profumate del Tuo amore,

mi hanno regalato il loro affetto,

mi hanno dato la loro mano amica,

mi hanno sostenuto nella stanchezza,

mi hanno parlato di Te con calore,

hanno fatto strada con me,

hanno pregato, sofferto,

lottato e gioito con me.

Signore,

quanti mandorli fioriti

non ho saputo vedere nel corso degli anni...

Aiutami ad accorgermi

di ogni fiore che sboccia,

di ogni primavera che rispunta,

di ogni passo che va verso la vita

perchè gli spettacoli dei potenti

non spengano la gioia del mio cuore

e non soffochino la speranza.

Franco Barbero

IN CAMMINO VERSO LA PASQUA

 COME UNA CERVA

Non ci capiti di abbandonare la sorgente di acqua viva per scavarci cisterne screpolate che non contengono acqua, come dice Geremia (2, 13).

Ciò che tarda avverrà, ma Dio non si dimentica: "Si dimentica forse una donna del suo bambino così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io, invece, non ti dimenticherò mai" (Isaia 49, 15).

Sì, Dio può anche Lui distrarsi, ma, "come l'aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, Egli spiega le ali e ci prende, ci solleva sulle sue ali" (Deuteronomio 32, 11). Ma cercare altre acque, dissetarci ad altre sorgenti,  abbeverarci ad ogni torrentello oppure seguire altre stelle o scaldarci ad altri fuochi può essere illusorio e sterile: "Chi tra voi vive al cospetto del Signore ed ascolta la voce del suo servo, chi cammina nelle tenebre senza alcuna luce, confidi nel nome del Signore e si appoggi al suo Dio! Ecco, voi tutti che accendete un fuoco, che attizzate braci ardenti, andate nelle fiamme del vostro fuoco e dai tizzoni che avete fatti bruciare" (Isaia 50, 10-11a).

La parola del profeta risuona negli anni dell'esilio: ovunque c'è freddo e tenebra. La tentazione è quella di cercare luci fatue, ingannevoli e di scaldarsi a fiamme artificiali oppure di credere di trovare in se stessi il fuoco al quale riscaldarsi. Agli uomini che confidano nel loro proprio fuoco interiore per illuminarsi il profeta rivolge l'ammonimento a stare attenti perchè questo fuoco si trasformerà in un incendio divoratore.

Come i sapienti di cui ci parla il vangelo di Matteo (2, 1-12), nel nostro incerto pellegrinare è essenziale tener gli occhi fissi alla stella del cielo e calcare la terra. La stella, come documenta la leggenda dei magi, ha le sue eclissi, ma ritorna a splendere e indica la direzione del viaggio.

Possiamo essere stanchi e disamorati, mille volte delusi/e, ma sulla strada di Gesù risuona vera anche per noi la voce del profeta dell'esilio: "Ascoltatemi... guardate la roccia da cui siete stati tagliati e la casa da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo, nostro padre, a Sara, che vi ha generato. Levate gli occhi al cielo e guardate in basso la terra: il cielo si dissolve come fumo e la terra si logora come una veste, ma la mia salvezza durerà per sempre" (Isaia 51).

Ecco il Dio che nutre i nostri cuori e ritorna dopo ogni eclisse. Non sempre la sua parola sarà "dolce come il miele" (Ezechiele 3, 3), ma certamente diventerà lampada per i nostri passi e luce sul nostro cammino.

O Dio, fammi vivere delle parole che escono dalla Tua bocca.

Che io cerchi, o Signore, il Tuo volto, che io cerchi il nutrimento che viene da Te. Possano essere vere per me le parole del salmo:

"Come una cerva anela verso rivi di acqua

così il mio cuore anela verso di Te, o Dio.

Io ho sete di Dio, del Dio vivente" (42, 1-2).

Dio, Dio mio, Te io cerco fin dall'aurora:

di Te ha sete il mio cuore;

verso di Te anela la mia carne

come una terra deserta, arida, senz'acqua" (63, 2).

"Protendo verso di Te le mie mani...

verso di Te è proteso il mio cuore" (143,6).

Franco Barbero da "Olio per la lampada"

L'AMORE FIORISCE ANCHE NELLA NOSTRA COMUNITA'

 Ho la gioia di comunicare che in questi mesi si sono rivolte a me e alla comunità due coppie di giovani sposi. Non posso per ora dire i nomi nè la data perchè siamo in fase di preparazione intensa e felice. La seconda coppia è formata da un prete e una donnache hanno due bambini. La loro richiesta non è soltanto rivolta al fatto che vogliono assolutamente la mia presenza al loro matrimonio: durante la celebrazione essi chiedono anche il battesimo dei loro figli. L'aspetto che nella vita per me è stato fondamentale è saper vedere e condividere le cose belle, le gioie, gli amori.

In un mondo segnato da tanta violenza è importante ricordarci che il sole non lo spegne nessuno e l'amore ugualmente. Ringrazio Dio anche perchè queste persone provengono dall'esperienza comunitaria e dal gruppo biblico. Il loro cammino di fede è già ben impostato e la loro vita è anche su questo terreno un cammino molto solido.

Perdonatemi se non ho lasciato dentro di me questa gioia, ma si tratta di persone con cui ho condiviso dei pezzi di vita e dei momenti importanti.

Franco Barbero

martedì 26 marzo 2024

"CESSATE IL FUOCO"......."ANDIAMO AVANTI" RIBATTE NETANYAHU

 Il governo di Israele non cambia direzione e il Presidente del Governo infuriato dice dall'alto della sua sedia presidenziale: "Andiamo avanti".

Guerra per lui e andare avanti. Per milioni di palestinesi e altri è l'annienamento. Il governo di Israele e i suoi alleati la guerra è al centro del loro progetto politico.

Israele farebbe bene, in questi delibere firmarsi "governo che ama le guerre".

Israele, come governo, non ha nulla di biblico ovviamente; non bisogna confondere la fede ebraica con il governo di Israele che, in questo tempo, è una casta di assassini.

La mia fede ebraico - cristiana non hanno nessuna vicinanza con questo potere amante della violenza.

A mio avviso il governo d' Israele e quanti lo sostengono, sono maestri di odio e hanno dimenticato che il loro stesso nome farebbe pensare alla pace. A mio avviso hanno l'odio razzista come centro culturale e come progetto politico.

Credo e spero che non prevalga l'odio, ma anche nel territorio di Israele si aprano orizzonti e pratiche di pace.

Franco Barbero

IL CONFLITTO AL CONFINE TRA CONGO E RUANDA: DI CHI E' LA RESPONSABILITA'?

 Il conflitto al confine tra Congo e Ruanda e le responsabilità degli esportatori di materie prime

24.03.24 - Pax Christi Germania - Pressenza 

«Si è di nuovo infiammato il conflitto nell’est del Congo e il mondo sta ancora una volta a guardare», afferma  Maria Buchwitz, portavoce della Commissione Solidarietà con l’Africa centrale di Pax Christi. Da settimane, la famigerata milizia “M23″ sta avanzando verso Goma (città sul confine con il Ruanda, N.d.R.), che aveva già occupato per un breve periodo nel 2012. L’esercito congolese si è alleato con altre discutibili milizie che vogliono impedire una nuova occupazione. Tuttavia, ciò si può evitare solo se il Ruanda non dà il via libera all’avanzata dell'”M23”, che sostiene in modo massiccio.
Come sempre in queste campagne militari, la popolazione civile riceve scarsa considerazione. Centinaia di migliaia di persone sono state sfollate di recente e sono arrivate nei campi profughi di Goma, già sovraffollati. A questo proposito, il governo congolese si sta attrezzando, ma solo in linea teorica. Il Presidente Tshisekedi minaccia addirittura il Ruanda di entrare in guerra, pur sapendo che il suo esercito non ha alcuna possibilità di contrastare quello ruandese, ben più moderno, equipaggiato e addestrato. Maria Buchwitz afferma: «L’aiuto allo sviluppo del Ruanda deve essere radicalmente messo in discussione fino a quando continuerà l’esportazione illegale di materie prime dalla Repubblica Democratica del Congo attraverso il Ruanda».
La Germania è coinvolta direttamente, ad esempio attraverso la ThyssenKrupp Material Trading, che esporta materie prime dal Congo verso l’Europa mediante il porto di Mombasa, in Kenya. Le “terre rare” provenienti dal Congo sono molto richieste; si tratta di materie prime importanti dal punto di vista strategico per la graduale conversione dell’economia basata sui combustibili fossili.
La ThyssenKrupp si impegna a rispettare il proprio Supplier Code of Conduct (rispetto dei diritti umani, tutela del lavoro, standard sociali ed ecologici e prevenzione della corruzione). Tuttavia, secondo le loro stesse informazioni, il rispetto di queste linee guida viene controllato solo da “fornitori selezionati”. Secondo l’azienda, negli ultimi sei anni sono stati effettuati centinaia di audit sui fornitori di tutto il gruppo, anche se questi vengono gestiti internamente.
La legge tedesca sulla catena di approvvigionamento mira a rendere trasparente e allo stesso tempo giuridicamente vincolante la responsabilità lungo tutta la catena del valore. Le nostre richieste di lunga data, avanzate insieme alla Initiative Lieferkettengesetz, sono state tuttavia notevolmente attenuate dalla stessa legge. Ad esempio, non esiste una clausola di responsabilità civile. La normativa si applica solo alle aziende con più di 3.000 dipendenti e gli obblighi di diligenza ambientale sono quasi irrilevanti. Inoltre, la legge, entrata in vigore all’inizio del 2023, non si applica realmente lungo l’intera catena del valore, ma solo ai fornitori diretti; di conseguenza, si rivelerà quasi certamente una lettera morta.
La legge europea sulla catena di approvvigionamento, approvata dagli Stati membri dell’UE il 15 marzo dopo una lunga battaglia, era destinata in origine a stabilire nuovi standard, ma si è rivelata ben al di sotto delle aspettative. Amareggiante il fatto che la Germania, con la sua categorica astensione, abbia contribuito a indebolire in modo massiccio tale normativa, che in un primo momento verrà applicata a meno dell’1% delle aziende europee.
Maria Buchwitz afferma: «Pax Christi si batte da tempo per la responsabilità delle imprese nel rispetto dei diritti umani lungo l’intera catena di approvvigionamento. Il timore è che i nuovi regolamenti non cambieranno in alcun modo la catastrofe dei diritti umani nelle regioni minerarie dell’est del Congo. Per quanto sia auspicabile il monitoraggio delle catene di approvvigionamento in materia di diritti umani e standard ambientali, ciò rappresenta solamente un tassello verso relazioni economiche più eque. Per consentire una distribuzione equa delle materie prime, è necessario rafforzare i movimenti sociali del Paese che si impegnano a favore di cicli di creazione di valore a livello regionale e locale, poiché una vera equità può essere raggiunta solo attraverso uno spostamento della creazione di valore; cioè, lontano dall’accesso privilegiato che i Paesi industrializzati hanno alle materie prime e verso la promozione delle industrie nazionali, che possono anche creare posti di lavoro indispensabili per la popolazione giovane».

LA CRISI CLIMATICA : MINACCIA REALE PER BAMBINI E COMUNITA' DELL'AFRICA

 Clima: 45 milioni di bambini a rischio di crisi multiple in Africa orientale e meridionale

 UNICEF- Pressenza

25 marzo 2024 – Mentre una protratta ondata di calore e la siccità colpiscono diversi Paesi dell’Africa orientale e meridionale, l’UNICEF lancia l’allarme sulla terribile situazione in cui si trovano le comunità vulnerabili che stanno sopportando il peso del cambiamento climatico.
Nella regione, 45 milioni di bambini stanno affrontando crisi multiple e spesso sovrapposte intensificate dal cambiamento climatico, tra cui epidemie di colera, malnutrizione, siccità e inondazioni.
Il fenomeno El Niño del 2023-24, uno dei più forti mai registrati, sta aggravando condizioni già difficili. El Niño ha peggiorato i modelli climatici regionali, causando condizioni di siccità e precipitazioni irregolari, con conseguenti ripercussioni sulla produzione agricola e un peggioramento delle epidemie.
“La crisi climatica è una minaccia reale per i bambini e le comunità dell’Africa orientale e meridionale. Gli stessi elementi di cui i bambini hanno bisogno per sopravvivere e prosperare, tra cui acqua pulita, cibo, riparo, apprendimento e sicurezza, vengono compromessi dagli shock climatici. Le chiusure delle scuole compromettono i traguardi raggiunto nel campo dell’istruzione. Le comunità che dipendono dall’agricoltura devono affrontare la perdita dei raccolti, con la conseguenza che i bambini diventano malnutriti o sono costretti a lavorare per sostenere la generazione di reddito. Le difficoltà di accesso all’acqua potabile espongono i bambini alle malattie, incidono sui mezzi di sussistenza e causano sfollamenti forzati”, ha dichiarato Eva Kadilli, Direttrice regionale dell’UNICEF per l’Africa orientale e meridionale.
Nel fine settimana, il Presidente del Malawi ha dichiarato lo Stato di calamità in 23 dei 28 distretti del Paese, a causa delle conseguenze di El Niño. Piogge inadeguate, inondazioni e periodi di siccità protratti hanno causato gravi danni alle colture e alla produzione alimentare, con un impatto su due milioni di famiglie (un numero stimato di 9 milioni di persone, tra cui 4,59 milioni di bambini).
In Sud Sudan, i bambini e i giovani sono tra le persone più a rischio per la crisi climatica.
A causa di un’ondata di caldo estremo, le autorità hanno recentemente ordinato la chiusura delle scuole per due settimane e ai bambini è stato consigliato di rimanere in casa perché si prevede che le temperature raggiungeranno i 45°C, con un impatto su 2,2 milioni di studenti.
In Zambia, il governo ha recentemente dichiarato l’emergenza nazionale per la siccità che ha colpito ampie zone del Paese, colpendo 6,5 milioni di persone, tra cui 3 milioni di bambini. Questo avviene in seguito alle devastanti inondazioni che hanno aggravato l’epidemia di colera nel Paese, con oltre 22.000 casi e con bambini colpiti in modo sproporzionato. Con l’aumento delle temperature e la scarsità di risorse idriche che spingono le famiglie sull’orlo del baratro, i bambini corrono rischi maggiori di malnutrizione, disidratazione e malattie. Si prevede che quest’anno 2,4 milioni di persone soffriranno di grave insicurezza alimentare.
In Zimbabwe, il fenomeno El Niño ha sconvolto i modelli di precipitazioni, causando una prolungata siccità. Le famiglie stanno affrontando l’insicurezza alimentare, la scarsità d’acqua e una maggiore vulnerabilità, anche alla violenza e allo sfruttamento. Queste sfide arrivano in un momento in cui il Paese sta rispondendo anche alle epidemie di colera e di poliomielite, che potrebbero portare a una grave crisi per i bambini.
In Madagascar, si prevede che le precipitazioni limitate nel Grande Sud annulleranno i risultati marginali ottenuti nel 2023 e faranno precipitare questa fragile zona in una nuova crisi umanitaria. Più di 262.000 bambini sotto i 5 anni sono già gravemente malnutriti nella regione.
L’impatto di El Niño non si limita alle condizioni di siccità. Alla fine dello scorso anno, forti piogge e inondazioni hanno colpito parti della regione dell’Africa orientale, tra cui Etiopia, Kenya e Somalia. Queste inondazioni hanno causato la perdita di vite umane, l’interruzione dei mezzi di sussistenza e lo sfollamento delle comunità, con oltre 5,2 milioni di persone colpite.
In risposta ai cambiamenti climatici e ad altre crisi nella regione, l’UNICEF sta lavorando attivamente per salvaguardare i bambini attraverso programmi e servizi progettati per l’adattamento. Ciò include:
Garantire che i bambini gravemente malnutriti e le donne in gravidanza e in allattamento siano raggiunti da servizi di cura e che i bambini in tutte le aree colpite siano raggiunti da interventi di prevenzione, come alimenti ricchi di nutrienti e integratori di micronutrienti, consulti e trasferimenti di denaro.
Costruire sistemi scolastici in grado di rispondere agli shock, preparati e in grado di garantire la continuità dell’apprendimento durante e dopo le crisi. Ciò include investimenti in molteplici modalità di apprendimento a distanza, digitali e non, accessibili a tutti i bambini, compresi quelli più vulnerabili.
Collaborare con i partner per trovare soluzioni idriche resilienti al clima, anche ampliando il lavoro sulla mappatura delle acque sotterranee e sui sistemi di gestione.
Rafforzare i sistemi sanitari per renderli più resilienti e accessibili.
Poiché anche i fattori socio-culturali influenzano in modo significativo le decisioni e le pratiche all’interno delle comunità durante le crisi, l’UNICEF si concentra sulla comprensione e sulla gestione di questi fattori e lavora con le comunità per garantire un accesso equo alle informazioni, al supporto e alle soluzioni.
“È preoccupante che le condizioni meteorologiche estreme siano destinate a diventare la norma nell’Africa orientale e meridionale nei prossimi anni. Mentre lavoriamo per migliorare la resilienza dei bambini, delle famiglie e delle comunità rafforzando i servizi sociali che rispondono agli shock, dobbiamo anche unirci per ridurre gli effetti del cambiamento climatico sulle popolazioni vulnerabili della regione”, ha dichiarato Kadilli.
“Continuiamo a chiedere ai partner di dare priorità agli investimenti per l’adattamento e la mitigazione del clima, nonché per sistemi in grado di resistere all’intensificarsi degli shock provocati dal cambiamento climatico. Senza risposte sostenibili, il futuro dei bambini è in bilico. Dobbiamo intraprendere un’azione decisiva ORA per garantire che non solo sopravvivano, ma che prosperino.

BRASILE

 Brasile. Arrestati mandanti dell’omicidio di Marielle Franco e Anderson Gomes

25.03.24 - Amnesty International

Arrestati i presunti mandanti dell’omicidio di Marielle Franco e Anderson Gomes. Amnesty International: “Sarà giustizia solo quando tutte le persone coinvolte nel loro assassinio e nell’ostruzione delle indagini saranno processate”
Il 24 marzo, a sei anni e dieci giorni dall’omicidio della difensora dei diritti umani brasiliana Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, sono stati arrestati e posti in detenzione preventiva tre presunti mandanti del duplice omicidio: Domingos Brazão, consigliere della Corte dei Conti dello Stato di Rio de Janeiro; suo fratello Chiquinho Brazão, eletto al Parlamento federale e Rivaldo Barbosa, all’epoca capo della Polizia civile di Rio de Janeiro.
Amnesty International Brasile, che ha seguito il caso dall’inizio, ritiene che gli arresti costituiscano un importante passo avanti verso il chiarimento dei due omicidi. Tuttavia, questo non significa che sia stata raggiunta la giustizia.
Preoccupa che, a oltre sei anni dai fatti, le autorità investigative brasiliane abbiano identificato solo tre autori del crimine (due ex agenti della Polizia militare e un vigile del fuoco) e come mandanti solo tre funzionari pubblici.
Gli omicidi di Marielle Franco e di Anderson Gomes, ricorda Amnesty International Brasile, sono stati altamente pianificati, coinvolgendo svariati attori. Ci sono state innumerevoli falle investigative, per non parlare dei tentativi di ostruire le indagini, che in molti casi hanno chiamato in causa pubblici ufficiali. Molte più persone devono essere chiamate a rispondere di fronte alla giustizia.
Le informazioni raccolte dalle autorità investigative lasciano intendere che i due omicidi possano essere stati legati agli interessi di gruppi paramilitari in fase di espansione, come le milizie, nella città di Rio de Janeiro.
Da questo punto di vista, Amnesty International Brasile sottolinea che non va dimenticato che la nascita e l’espansione del paramilitarismo dipendono da vari fattori, tra i quali le omissioni, la tolleranza e l’acquiescenza dello Stato, nonché l’impunità e la mancata risposta delle autorità statali alle deviazioni interne alle loro strutture.

DA REPUBBLICA 26 MARZO

L'ONU approva il cessate il fuoco. L'ira di Israele: "Andiamo avanti".

La risoluzione passa con 14 sì e l'astensione degli Usa: "Stop ai raid  e ostaggi liberi"

Netanyahu annulla una missione negli States.

DA IL MANIFESTO DI OGGI 26/03

ONU: CESSATE IL FUOCO.

Passa la risoluzione con l'astensione Usa.

Netanyahu cancella la visita di una delegazione israeliana a Washington. Guterres: " Un fallimento sarebbe imperdonabile".



COMMENTO AL BRANO DI PASQUA : RESURREZIONE DI GESU'

PASQUA: LA RESURREZIONE DI GESÙ

 Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti (Giovanni 20, 1-9). 

 Ho molto insistito negli anni e nelle settimane passate sul fatto che il messaggio della risurrezione è un invito a operare nella direzione della liberazione dalla violenza, dall’egoismo, dall’ingiustizia, dall’emarginazione. 
 Questa è la risurrezione di cui siamo incaricati; questa è la parte che tocca a noi oggi nel nostro vivere e operare quotidiano. 
 Ma non possiamo, celebrando questa Pasqua, dimenticare uno dei fondamenti della fede cristiana: Dio ha cambiato la morte di Gesù in vita. Gesù è vivo. 
 Non siamo noi che risuscitiamo Gesù e lo teniamo in vita con i nostri racconti, i nostri canti, il nostro ricordo, le nostre liturgie, ma è Dio che non ha abbandonato Gesù e gli ha dato una vita nuova. 
Gesù vive non perché noi crediamo, ma piuttosto noi crediamo perché Dio ha reso vivo quel Gesù sconfitto. 
Ciò che è avvenuto in lui e di lui, è ciò che anche noi, oltre il confine della morte, attendiamo dalle mani di Dio. Egli è il “primogenito” anche dei risorti, per dirla con il linguaggio biblico. 
 Noi ricordiamo l’evento che Dio ha operato nella vita di questo profeta sconfitto e crocifisso. La nostra lode sale a Dio che è il vero autore della risurrezione. 
La nostra vita, come quella di Gesù, non è consegnata al vuoto, al nulla, ma è raccolta dalle mani di Dio. 
 Solo la fede, solo gli occhi della fede (e non quelli della carne) condussero i discepoli a fidarsi delle parole che il nazareno aveva loro detto. 
La risurrezione non ha dimostrazioni. I linguaggi biblici delle apparizioni e della tomba vuota sono codici linguistici del tempo, non prove. La realtà della risurrezione non ha prove empiriche. 
Come la stessa realtà di Dio, non è dimostrabile. Questo è il nostro cammino: un progressivo affidarci al Dio fedele di cui Gesù si è fidato e di cui ci ha dato testimonianza. Questo è l’orizzonte da non archiviare mentre, come figli  e figlie della risurrezione, siamo chiamati/e a vivere da risorti, a porre le opere della speranza e della liberazione umana con tutte le nostre forze. 
Il  nostro domani è nelle mani di Dio, amore senza fine.

Nota Bene: ho scritto queste righe qualche giorno prima della Pasqua perché chi legge, abbia anche il tempo di rileggere e di riflettere e affidarsi a Dio con la preghiera con grande fiducia. Nonostante il quadro più che sconcertante di questo tempo, noi continuiamo ad aver fiducia nel Dio che ha dato la vita a Gesù dopo la sua crocefissione e morte. Sarà così anche per noi. Franco Barbero 26 marzo 2024
 

 8 – BENEDIZIONE DELLE COPPIE OMOSESSUALI

don Franco Barbero, Benedizione delle coppie omosessuali,

L'Harmattan Ed., pagg 115, Torino 2013

 

 

 

A seguire con un semplice 'clic' potete sfogliare

l’ottavo segmento del libro:

https://www.sfogliami.it/fl/290007/m3nc63hvq3gj14btguk24z9hmsgy3dd

 

(continua venerdì 29 marzo '24)



lunedì 25 marzo 2024

IL CARCERE

Il carcere è una struttura di peccato 

 24.03.24 - Daniela Musumeci Pressenza

 Si è tenuto lo scorso venerdì un incontro, al Laboratorio Andrea Ballarò di Palermo, dedicato ad Ilaria Salis, detenuta in Ungheria da più di un anno, ed agli attivisti di Antudo Sicilia, arrestati qualche giorno fa a Palermo e Messina, per una protesta davanti alla Leonardo spa del 2022 . Questa occasione ha permesso un approfondimento circa la situazione carceraria, italiana e non solo. L’avvocato di Ilaria Salis, Eugenio Losco, collegato da remoto, ha sottolineato come i capi d’imputazione ascrittile, per la contromanifestazione nel giorno dell’onore neonazista del 10 febbraio 2022 a Budapest, comporterebbero le stesse pene anche in Italia. Se non che le accuse di lesioni si sono nel frattempo trasformate in tentato omicidio e appartenenza a un’organizzazione criminale e la situazione nelle carceri ungheresi è ben più grave della nostra. Dopo giorni di detenzione in uno stanzino della questura, vestita solo di stracci sporchi e senza neppure assorbenti per il ciclo – come sappiamo da una lettera che la giovane donna è fortunosamente riuscita a far pervenire – Ilaria è stata detenuta in un regime simile al 41 bis: sette mesi con divieto assoluto di comunicazione, nessuna corrispondenza né giornali, colloqui dietro un vetro divisorio, un’ora d’aria in un cortile coperto da grate. Inoltre le galere magiare non rispettano gli standard europei in materia di spazi e di assistenza medica. Alla prima udienza, il 29 gennaio 2024, Ilaria è comparsa al guinzaglio, con catene alle caviglie e ai polsi, e così è rimasta per tre ore e mezza. Il processo è stato aggiornato al 28 marzo, quando si ascolteranno i primi testimoni e verrà reiterata la richiesta di scarcerazione o di arresti domiciliari, per altro difficilmente ottenibili. Charlie Barnao, docente dell’Università di Catanzaro, anch’egli on line, ha svolto quindi un interessantissimo excursus sulla storia della tortura. Adottata in età contemporanea come strumento di guerra per estorcere informazioni e/o annientare il nemico, è stata poi ampiamente utilizzata dal fascismo, così come da altri regimi totalitari e dittature, ma non soltanto da questi. Ha conosciuto una svolta nel 1963, con l’invenzione della cosiddetta “tortura senza contatto” descritta in un manuale della CIA: non si tratta di un supplizio fisico (che per altro si continua a praticare), ma di deprivazione sensoriale, disorientamento, dolore autoinflitto, umiliazione sessuale; ha una maggiore efficacia e soprattutto non lascia tracce sul corpo, si perpetra così in assenza di prove. Fu usata negli anni Settanta contro l’IRA in Gran Bretagna e in Germania contro la RAF (ad esempio, nella cella del braccio della morte su Ulriche Meinhof per 237 giorni); in Italia durante gli anni di piombo furono introdotte le carceri speciali, nel 1977, e si applicò tortura in occasione del sequestro Moro e del sequestro Dozier. Furono addestrate anche squadre specializzate in tortura, dalle percosse allo waterboarding, definito eufemisticamente “trattamento”. Le cose cambiarono a metà degli anni Ottanta, con la legge Gozzini del 1986, che si voleva di riforma e che individuava il nuovo nemico pubblico non più nel terrorista ma nel mafioso. Dopo le stragi del ’92 fu introdotto l’art. 41 bis o “carcere duro”. Detenuti per mafia risultarono torturati nelle galere di Pianosa e dell’Asinara, poi chiuse nel ’98. Fu introdotto l’ergastolo ostativo; si formarono corpi speciali per agire in regime di 41 bis. In occasione del G8 2001 di Genova, torture fisiche e senza contatto furono praticate nella caserma di Bolzaneto; altre sono state denunciate a Pagliarelli (Palermo) e Sulmona o in occasione di rivolte carcerarie. Oggi le torture senza contatto del 41 bis si infliggono soprattutto ai poveri, agli immigrati, ai tossicodipendenti, ai malati mentali; diventano norma e non fanno più notizia, anzi il 41 bis viene addirittura individuato come modello virtuoso. C’è una spinta al populismo giudiziario – osserva anche l’avvocato Giorgio Bisanti, responsabile di Antigone Sicilia – si invoca la forca giudiziaria e un inasprimento delle pene, specie contro i migranti, come mostrano i decreti Cutro. Intanto i suicidi in carcere dall’inizio di quest’anno sono già una quarantina, contando detenuti e personale penitenziario. Oltre il 40% degli internati è sotto trattamento sanitario psichiatrico, almeno in Sicilia, e sono spesso persone anche tossicodipendenti, per le quali occorrerebbero terapie particolari. Ma in tutta l’sola c’è un solo istituto preposto, con liste d’attesa lunghissime. Non ci sono psichiatri sufficienti, poiché dipendono dalle ASP e non dal Ministero della Giustizia e non sono dedicati alle case di pena, ma operano su tutto il territorio. Il carcere, insomma, è una struttura di peccato, per usare un’espressione mutuata dalla teologia – prosegue Bisanti. Dovrebbe interrompere le relazioni tra il condannato e le associazioni criminali e fornire occasioni di studio, di formazione, per un diverso progetto di vita. Invece le biblioteche, specie se collocate in ali lontane dalla cella, non sono fruibili. Occorre studiare sulla branda, mentre i compagni magari ascoltano musica neomelodica a tutto volume… In più la società fuori non sa nulla di quanto accade dentro; c’è un muro di silenzio attorno alle prigioni che associazioni come Antigone, Nessuno tocchi Caino o i garanti dei detenuti cercano di rompere. Antigone fa vigilanza democratica sugli istituti penitenziari: può accedervi, esplorarli, intervistare il personale che vi opera, ma non i prigionieri. Così realizza una mappatura, che funge da denuncia, ma anche da strumento di analisi per proposte alternative. Un’altra buona pratica è il gemellaggio fra classi parallele, dentro e fuori dalle case di pena. Gli studenti di scuole pubbliche incontrano giovani, ma anche adulti, impegnati a conquistarsi un diploma che significa un futuro dignitoso: dopo una comprensibile inziale diffidenza, sgorgano le domande, i racconti, gli scambi d’esperienze, fino al lavoro condiviso, sui libri ma pure negli orti o nei laboratori. E l’arricchimento è reciproco: i “ragazzi per bene” apprendono quanta crudeltà e quanto dolore può esserci al di là del loro piccolo mondo protetto e come sia giusto agire per ridurlo, se non eliminarlo.

MIGRANTI:IL REPORTAGE

ROTTA SULLE CANARIE,  LA NUOVA LAMPEDUSA DEI MIGRANTI IN FUGA

Sull'isola di El Hierro , diventata la porta dell'Europa con dodicimila sbarchi in due mesi . L'oceano Atlantico sfidato con le piroghe. "Ma noi qui non lasciamo morire la gente in mare".

Da Repubblica 25/ 03 

IERI COMMEMORAZIONE DELLA STRAGE DELLE FOSSE ARDEATINE

FOSSE ARDEATINE, LE AMNESIE DI MELONI

La premier parla di "strage nazista", ma omette le responsabilità dei fascisti italiani nell'eccidio del 1944.

 Il presidente dell'Anpi : "Solita rilettura capziosa della storia. Così si nega  anche il valore  dell'antifascismo".

Da  Domani 25/03

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L'anniversario dell'eccidio

Meloni omette ancora il ruolo dei fascisti sulle Fosse Ardeatine. per la premier fu "massacro nazista". Un messaggio bocciato dagli storici . Critiche da sinistra. L'Anpi attacca: "Ancora una volta si crea confusione".

Da Repubblica 25/03

 

Il Mediterraneo ostile fa cambiare le rotte

L'accesso all'Europa passa dalle Canarie

 

di Alessandra Ziniti

 

Seimila migranti in Italia, dodicimila alle Canarie. Basterebbero questi sorprendenti numeri degli arrivi dei primi due mesi dell'anno diffusi nell'ultimo report di Frontex per certificare che nei flussi migratori verso l'Europa qualcosa è cambiato. La rotta del Mediterraneo centrale, l'anno scorso in esplosione, con Lampedusa presa d'assalto e 155.000 sbarchi in Italia, si è improvvisamente svuotata, con un trend (arrivato a toccare il — 70%) che sembra essersi consolidato da ottobre ad oggi. E persino la rotta di terra dai Balcani (anche quella in forte crescita nel 2023), segna oggi un 65% con appena 3.000 arrivi dall'inizio dell'anno.

Il che non significa affatto che la migrazione verso l'Europa abbia rallentato. Gli arrivi — spiegano da Frontex — sono sullo stesso livello dello stesso periodo dello scorso anno, intorno alle 31.000 unità. Sono i flussi che hanno trovato un'altra strada, sulla pericolosissima rotta dalle coste del Senegal e della Mauritania verso le Canarie: 800 chilometri sull'Atlantico, in mare aperto, senza alcuna flotta di soccorso né umanitaria né statale, che i migranti affrontano su vecchie piroghe su cui i trafficanti stipano centinaia di persone. Una rotta, neanche a dirlo, con un numero di morti altissimo, almeno 150 da gennaio a oggi.

«Negli ultimi mesi i gruppi criminali coinvolti nel traffico di esseri umani in Mauritania hanno colto rapidamente le opportunità offerte dall'aumento della domanda da parte dei migranti sub-sahariani in transito nel loro Paese cercando di entrare nell'Unione europea attraverso le Isole Canarie», spiegano da Frontex. Con il respingimento verso il deserto di migliaia di migranti lasciati a morire oltre le frontiere meridionali della Tunisia, le organizzazioni criminali si sono rapidamente adeguate, convogliando in Senegal e Mauritania migliaia di persone in fuga dall'Africa subsahariana e stringendo accordi con i pescatori dei due Paesi che hanno trovato molto più redditizio mettere le loro piroghe al servizio del traffico di uomini. E così la microscopica isoletta di El Hierro, avamposto d'Europa nell'oceano Atlantico, si è trasformata nella Lampedusa delle Canarie facendo suonare un forte campanello d'allarme anche a Bruxelles, tanto che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, insieme al primo ministro spagnolo Sanchez, si è precipitata in Mauritania promettendo 210 milioni di aiuti in cambio di un freno ai flussi.

Insomma il metodo Tunisia esteso alla nuova area di crisi a cui potrebbe aggiungersi anche l'Egitto, Paese che l'Italia e l'Europa marcano stretto nel timore che lì si riversino masse di migliaia di persone in fuga dal Sudan, come da allarme dell'intelligence.

Un rischio che Giorgia Meloni non intende correre. A meno di tre mesi dalle elezioni europee, la premier intende tenersi stretto quel -70 % sulla rotta del Mediterraneo centrale che fino a cinque mesi fa sembrava un miraggio. Confidando che gli accordi con il presidente Saied siano andati a regime e impediscano la ripresa dei viaggi dei barchini di latta verso Lampedusa, i riflettori si sono accesi di nuovo sulla Libia, tornata ad essere la base di partenza di barconi con migranti provenienti non solo dall'Africa subsahariana ma anche dall'Egitto dove arrivano facilmente in aereo migliaia di persone dei Paesi del Medio Oriente. Da qui l'input al Viminale: tenere a freno le partenze dalla Libia e soprattutto tenere lontana dal Mediterraneo la flotta umanitaria che, proprio in questi mesi, è tornata ad essere il principale mezzo di sbarco in Italia di migranti soccorsi in mare. Ecco perché, improvvisamente, nelle ultime settimane il Viminale ha deciso di applicare la recidiva (prevista dal decreto Cutro) alle Ong accusandole di non aver collaborato con la guardia costiera libica. Risultato: navi bloccate nei porti italiani (in questo momento ce ne sono ferme tre) non più per i canonici 20 giorni, ma adesso per 60. E Mediterraneo sempre più senza soccorsi. Dice Cecilia Strada, portavoce di ResQ People: «Il governo italiano ignora la recente sentenza della Cassazione che ha dichiarato reato riportare i migranti in Libia e detiene le navi umanitarie contestando loro di aver sottratto persone ai libici che sparano in mare sui profughi. Semplicemente vergognoso».

 

Repubblica, 15 marzo




domenica 24 marzo 2024

GESU' HA FATTO FIASCO?

Se leggiamo con attenzione e con discernimento storico e critico le pagine dei Vangeli, dobbiamo realisticamente constatare, forse con un po' di sorpresa, che Gesù non ha mietuto tanti successi.

Nemmeno a lui tutte le ciambelle sono riuscite con il buco. A tutta prima, guardando ai risultati ottenuti, Gesù non sembra essere stato un buon maestro.

 Ha cresciuto il suo "traditore" nel gruppo degli intimi: i discepoli continuamente bisticciano per sapere chi è il "preferito" e più importante; il più delle volte fraintendono le sue parole; non sono affatto privi di paure e ottusità; spesso preferiscono allontanare il maestro da chi "disturba."...

Ma Gesù è un profeta ed un maestro che guarda lontano.

Egli sa che l'amore cresce lentamente, fatica, tra mille contraddizioni dentro e tra di noi. Egli attese Pietro dopo il suo smarrimento, comprese le debolezze di chi gli stava intorno, non si stancò di seminare. Seppe attendere...

Questa è la vera "Sapienza" che Dio regala ai suoi testimoni nel mondo. Il suo è stato un amore longanime, vissuto con la fiducia di chi getta un seme e poi affida tutto alla Terra, al sole, all'acqua e a Dio.

 Franco Barbero, Olio per la lampada, pag.59


LA PASQUA

"La Pasqua ci rende persone di passaggio. Mai arrivati, mai installati, ma felici di essere vivi oggi. Pasqua è sempre la vita che vince".

Jacques Gaillot

IL PIEMONTE IL 3 APRILE AL TAVOLO STELLANTIS

Dopo le preoccupazioni e gli appelli dei giorni scorsi sul futuro di Mirafiori, il Piemonte è stato convocato per il 3 aprile alle 10 al Ministero per le Imprese e il Made in Italy in una serie di incontri voluti dal ministro Adolfo Urso nell'ambito del tavolo  su futuro dell'auto. 

Il pomeriggio del 2 aprile toccherà alla Basilicata. "La decisione del governo di iniziare il confronto con le Regioni dei due principali stabilimenti di Stellantis in Italia, Mirafiori e Melfi, è un importante segnale di attenzione perché Mirafiori rappresenta il cuore della manifattura nazionale legata all'automobile e viene incontro ad una  specifica richiesta che avevamo avanzato direttamente al ministro, spiega il presidente Alberto Cirio. 

In preparazione all'audizione, nei prossimi giorni Cirio promuoverà un incontro  con i sindacati, associazioni di categoria e il Comune di Torino... La volontà di vedersi prima dell'appuntamento romano è stata colta con favore dalla Fim Cisl...

Scettica la Fiom. "Avrei una domanda per il ministro d'Urso: Al tavolo ci sarà Tavares? Si chiede il segretario generale  della Cgil Piemonte, Giorgio Airaudo. "Venga a dirci di persona - aggiunge riferendosi all'Ad di Stellantis - che cosa propone ai lavoratori. In queste settimane ha molto parlato di Mirafiori con agenzie e quotidiani nazionali e internazionali dicendo cose diverse e contradditorie... Intanto, senza la piattaforma small, a Mirafiori continua il 17esimo anno di cassa integrazione.

Claudia  Luise, La Stampa 23/03

FRONTEX È AL DI SOPRA DELLA LEGGE

 GRAZIE A UN TRUCCO

La violazione dei diritti dei migranti non perseguibile né dalla Corte Edu né in Lussemburgo

 

Negli ultimi mesi la Corte di giustizia dell'Unione europea ha scagionato in due casi l'agenzia europea Frontex per le violazioni a danno di persone migranti. In un caso la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso di un cittadino siriano posto su una zattera con altre ventuno persone dalle autorità greche e mandato illegalmente verso la Turchia mentre i velivoli di Frontex assistevano all'operazione lasciando che si svolgesse indisturbata. Nonostante il ricorso presentasse anche la documentazione fotografica del respingimento raccolta dal gruppo di giornalismo investigativo Bellingcat, la Corte ha ritenuto di non dover procedere contro Frontex per insufficienza di prove, tralasciando di considerare che durante un respingimento in mare è impensabile che i migranti siano nelle condizioni mentali e fisiche di riprendere la scena per poi eventualmente provare le violazioni a cui sono stati sottoposti. Nell'altro caso la corte di Lussemburgo ha sostenuto che Frontex non aveva colpe per il respingimento illegale dalla Grecia in Turchia di una famiglia siriana. Sebbene fosse stato proprio lo staff di Frontex a mettere su un aereo la famiglia siriana separando i bambini dai genitori e impedendo loro di presentare domanda d'asilo in Grecia, la Corte ha detto che nel farlo stava solo sostenendo le autorità greche che avevano preso la decisione riguardante il trasferimento, e che dunque l'agenzia non aveva alcuna responsabilità.

 L'opinabile posizione della Corte in queste ultime pronunce non suscita purtroppo alcuna sorpresa, dal momento che nessuno dei ricorsi presentati contro Frontex dalla società civile negli ultimi anni è sfociato in un avanzamento dei diritti dei migranti contro le violazioni dell'agenzia. Per comprendere questo stallo nella tutela giudiziale, non si può di certo invocare un'impeccabile gestione dei flussi migratori da parte di Frontex: in contrasto coi suoi obblighi di rispetto dei diritti fondamentali, il coinvolgimento dell'agenzia nei respingimenti e nei rimpatri illegali è stato ampiamente documentato sia dal giornalismo investigativo sia dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode.

Le ragioni di questa persistente impunità si annidano invece nella stessa architettura giudiziaria dell'Ue che ha creato un vicolo cieco per i migranti che chiedano protezione dagli abusi delle agenzie.

Le agenzie europee operanti nell'immigrazione (Frontex, l'agenzia europea per l'asilo e Europol) sono state istituite con lo scopo di supportare le autorità nazionali in diverse fasi della gestione delle frontiere. Tale compito però non sempre si traduce nella pratica in attività svolte sotto la supervisione delle autorità nazionali.

Lo staff Ue è infatti sempre più presente nelle fasi cruciali delle procedure alle frontiere quali l'intercettazione in mare, la comunicazione di informazioni agli sbarchi, la conduzione dei colloqui coi richiedenti asilo, il rimpatrio verso paesi terzi. In tutte queste fasi di interazione diretta coi migranti vi è la possibilità concreta di incorrere in violazioni, ma portare le agenzie di fronte a una Corte che le giudichi è un'impresa quasi impossibile. Le strade in teoria sono tre. La prima sarebbe appunto il ricorso alla Corte di Lussemburgo che però, secondo quanto sostengono i trattati Ue, può rivedere gli atti delle agenzie europee solo se questi atti sono «finali» e non di mero supporto a decisioni nazionali. Ufficialmente infatti gli atti di Frontex e delle altre agenzie sono atti preparatori di misure nazionali, nonostante la loro influenza sia sempre più pervasiva e distinguere chi stabilisca e chi faccia cosa è estremamente difficoltoso. Ne è stato esempio la tragedia di Cutro, in occasione della quale la cooperazione tra Frontex e la guardia costiera italiana ha consentito a entrambi di fare a scaricabarile. La seconda strada sarebbe portare le agenzie di fronte alle corti nazionali. Neppure questo rimedio è però praticabile, dato che, secondo l'orientamento consolidato della Corte di giustizia le corti nazionali non possono annullare gli atti dell'Ue e dei suoi organismi, al fine di salvaguardare l'omogeneità dell'ordinamento europeo. Anche le porte di Strasburgo rimangono chiuse: l'Unione Europea non è parte della Convenzione europea dei diritti umani (Cedu) e dunque le sue agenzie sono sottratte alla giurisdizione della Corte Europea dei diritti umani, nonostante tutti gli stati membri individualmente vi siano soggetti.

(AGOSTINA PIRRELLO, il Manifesto, 13 Marzo 2024)



Ritorno al passato

 

Nel 2016 l'esperto di relazioni internazionali Alex de Waal, direttore della World peace foundation della Tufts university, negli Stati Uniti, aveva pubblicato un articolo sul New York Times in cui sosteneva che i tempi delle carestie di massa erano finiti, grazie soprattutto alla democratizzazione di molti paesi e alla fine di sanguinosi conflitti.

   "Mi sbagliavo", ha ammesso De Waal in un articolo pubblicato il 9 marzo dal quotidiano newyorchese. "Avevo sottovalutato la crudele volontà di alcuni leader di usare la fame come arma di guerra. E avevo sopravvalutato la disponibilità dei donatori a occuparsi delle vittime dei conflitti e a fornire gli aiuti necessari". I progressi nella lotta alla fame nel mondo si sono bloccati. Nel 2016 le Nazioni Unite stimavano che le persone bisognose di aiuti urgenti fossero 130 milioni. Alla fine del 2023 la cifra era salita a 363 milioni, con un aumento del 180 per cento. La carestia, che era quasi scomparsa dalla faccia della Terra, è tornata a minacciare una decina di paesi, tra cui Afghanistan, Siria e Mali. Alcuni osservatori temono che anche la Corea del Nord possa trovarsi in questa situazione, senza contare quello che sta succedendo nella Striscia di Gaza.

   Ma il vero epicentro della crisi alimentare è il Corno d'Africa. Circa 90 milioni di persone soffrono la fame in Etiopia, Somalia, Sud Sudan, Sudan e, dall'altro lato del mar Rosso, in Yemen. "Questi paesi hanno alle spalle una lunga storia di gravi carenze alimentari, ma non li abbiamo mai visti sprofondare nella carestia tutti nello stesso momento", scrive De Waal. Il quotidiano francese Le Monde sottolinea la gravità della situazione nel nord dell'Etiopia, colpito negli anni 2020-2022 da una guerra che ha causato seicentomila morti. Nel Tigrai "le autorità locali hanno decretato lo stato di carestia, mentre il governo etiope, guidato dal primo ministro Abiy Ahmed, non riconosce l'emergenza", fa notare LeMonde. "Fattorie e coltivazioni abbandonate, animali morti: la siccità e le successive piogge, troppo intense, hanno condannato alla malnutrizione più del 90 per cento dei sei milioni di tigrini. Ma se Addis Abeba riconoscesse la carestia questo potrebbe risvegliare vecchi fantasmi e contraddire i discorsi che presentano l'Etiopia come il futuro granaio del continente africano".

   "Molti fattori concorrono a creare le condizioni di una crisi alimentare: raccolti perduti, prezzi alti dei generi alimentari, disoccupazione", spiega De Waal. "Ma è soprattutto la guerra a generare le carestie di oggi. In tutto il mondo circa due terzi delle persone che soffrono la fame vivono in zone di conflitto come il Sudan e Gaza o stanno cercando di fuggire da lì. I soldi stanziati per gli aiuti non bastano. Fino a cinque anni fa gli appelli annuali dell'Onu per le emergenze riuscivano a essere finanziati al 60 per cento. Nel 2023 questa percentuale è scesa al 35 per cento e si prevede che quest'anno sarà ancora più bassa". Le ragioni per cui gli stati donano di meno sono varie: dal costo più alto dei prodotti alimentari agli scandali di corruzione in cui sono state coinvolte alcune organizzazioni umanitarie (come l'agenzia Usaid in Etiopia) e che minano la fiducia nei loro interventi. Ma, ricorda De Waal, "la fame nel mondo non è solo una macchia sulle coscienze. È una minaccia per la sicurezza. Le carestie possono portare le società al collasso. Spingere milioni di persone a migrare. Alimentare la disperazione e le proteste. E, in ultimo, far cadere i governi".

 

Internazionale, 15 marzo 2024



sabato 23 marzo 2024

PREGHIERA

 LA MUSICA DI DIO


Dio madre che tieni nel tuo grembo la terra

e nutri il mondo

dona a tutti il pane, l’acqua, l’olio e il vino

per il grande banchetto dell’umanità

Suona con noi la musica della festa

Dio che partorisci idee nuove

accompagna il parto della primavera araba

e il canto indignato dei giovani del mondo

Suona con noi la musica del futuro

Dio dei piccoli che ogni giorno ri-nasci

e fai dello stupore il tuo compagno di gioco

Suona con noi la musica della pace

Dio giovane precario in cerca di risurrezione

che studi e sei costretto ad emigrare

perché non “c’era posto per te nel tuo Paese”

Suona con noi la musica della fantasia

Dio donna dagli occhi innamorati

che fai nascere da un bacio

la possibilità di ricominciare a vivere

Suona con noi la musica della tenerezza

Dio straniero che occupi le nostre piazze

con i colori della giustizia

i suoni della nostalgia

e i canti della libertà

fai ri-nascere una nuova umanità

Suona con noi la musica della speranza

Dio che piangi ogni volta che una tua figlia

e un tuo figlio subiscono violenza

e mandi i tuoi angeli a proteggerli sotto le ali

Suona con noi la musica della compassione

Dio che danzi fino all’alba

in ogni luogo della terra

perché non ci sia più la notte

perché non vinca più la morte

Suona con noi la musica della terra

Dio che suoni le melodie più belle

per i tuoi figli e le tue figlie venuti nel mondo

e fai di un albero del creato

una viola o un violino d’amore

Suona con noi la musica del cielo

Amen


          Tratta da "Preghiere d'ogni giorno" di Franco Barbero